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Un padre divorziato dovrà pagare 18mila euro per la laurea negli Usa del figlio. I giudici: «Se lo può permettere»

03 Giugno 2025 - 09:25 Cecilia Dardana
universita ricerca nuovi contratti
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Nonostante fosse di parere contrario al fatto che il figlio continuasse i suoi studi all'estero, «ha la disponibilità economica per farlo»

Dovrà versare 18mila e 600 euro il padre, divorziato dall’ex moglie, di un ragazzo che ha deciso di continuare il suo percorso di studi all’estero. E altri 21mila sono oggetto di ulteriore contenzioso. È una bella somma se si considera poi che l’uomo aveva dato parere espressamente contrario al fatto che il figlio continuasse a studiare fuori dall’Italia. Inoltre, si trattava di «spese straordinarie» (l’uomo versa 800 euro mensili di mantenimento), sia perché non previste dagli accordi di divorzio con l’ex moglie sul percorso di studi del loro figlio all’estero, sia per la rilevanza dell’importo (laurea e master negli Usa). Ma secondo i giudici dalla prima sezione del Tribunale civile «ha la disponibilità economica per farlo». E dunque sia.

Il disappunto del padre

Tutto ha origine nel 2017, quando il ragazzo si diploma negli Stati Uniti (in Italia si è fermato al terzo anno) e dice di volersi fermare lì anche per l’università. Ma non ha voti sufficientemente alti per un ateneo di prima fascia e deve quindi virare su un «community college». Il padre, un manager romano, accompagna comunque il figlio al test di ingresso senza battere ciglio «forse nel comprensibile timore di sollevare polemiche proprio in occasione del diploma ed in presenza di estranei» e, anzi, di mostrargli la propria gioia per il traguardo raggiunto.

Poi però tutto cambia: in forma scritta, l’uomo esprime «chiaramente e motivatamente» il proprio dissenso a che intraprenda quella strada: secondo lui il figlio dovrebbe tornare in Italia, da un lato perché ritiene che il ragazzo non abbia la maturità sufficiente, dall’altro perché sostiene che il livello del college scelto sia troppo basso e che non rappresenti una garanzia per il suo futuro.

L’ingiunzione di pagamento

I rapporti tra i due inevitabilmente si incrinano. Il ragazzo si laurea comunque ad aprile 2021 in Business management e decide di iscriversi a un master in marketing nello stesso college. Al padre viene comunicato solo tre mesi dopo, ma su questo punto l’opposizione è meno netta. A inizio 2022 però riceve un’ingiunzione di pagamento da 27mila euro (oltre 22mila di università, 4.600 per la prima rata del master). L’uomo fa ricorso ma perde. A «ritorcersi» contro il padre è la disponibilità data anni prima «a supportare economicamente il figlio in percorsi formativi di pari impegno economico». Come la Luiss o la Bocconi, per citarne due. E viene così ritenuta prevalente la volontà del ragazzo senza guardare al nome del college.

Il lavoro come venditore di contratti telefonici e maestro di tennis

Completato il master, il ragazzo lavora due mesi come venditore di contratti telefonici e ora fa il maestro di tennis, negli Stati Uniti appunto, grazie anche alla passione trasmessagli proprio dal padre. Una beffa ulteriore per il genitore, dato che su questa raggiunta indipendenza la corte motiva la bontà della scelta da lui contestata. Fatti i conteggi, l’uomo dovrà versare 18mila e 600 euro. Altri 21mila (prosieguo del master e altro) sono oggetto di ulteriore contenzioso.

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