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Basta burocrazia, l’Ue vuole procedure accelerate per gli investimenti in difesa: «60 giorni per opporsi o i progetti prendano il via»

17 Giugno 2025 - 18:58 Simone Disegni
La Commissione lancia il pacchetto "Omnibus" per agevolare la messa a terra delle risorse per il riarmo: «Il mondo è cambiato, i governi deroghino ai regimi ordinari»

Il tempo della pace «gratis» per l’Europa è finito, e nel nuovo quadro geopolitico – se non di guerra, di minacce acute tutt’attorno all’Unione – è ora di cambiare. A partire dalle norme che regolano il vivere comune nei Paesi membri. Le istituzioni Ue martellano su questo tasto ormai da mesi – troppo alto il rischio di farsi trovare impreparati di fronte a un eventuale attacco russo, o di altri: celebre è rimasto il video con cui la Commissaria Hadja Lahbib mostrò con fare semiserio ai cittadini come preparare lo zaino d’emergenza per i peggiori scenari. La sfida però è progettare, non improvvisare, e per questo la Commissione oggi muove un passo oltre: è ora di snellire le procedure che consentono di «mettere a terra» i miliardi di investimenti in difesa che cominciano a circolare in modo crescente nell’Ue. Meno burocrazia, più efficacia, insomma. E rapidamente anche. «L’attuale contesto normativo dell’Unione europea, adottato in tempo di pace, non si confà pienamente all’obiettivo di sviluppare le capacità e la prontezza militare necessarie a scoraggiare un’aggressione armata», mette nero su bianco l’esecutivo Ue in una Comunicazione diffusa oggi. Il mondo è cambiato – per informazioni chiedere a Vladimir Putin, Donald Trump o Benjamin Netanyahu – e in quello nuovo «il quadro normativo dell’Ue dev’essere all’altezza dell’obiettivo di prontezza alla difesa» stabilito nei mesi scorsi col piano di riarmo.

Sì (o no) ai progetti di difesa entro 60 giorni

Il pacchetto presentato oggi dalla Commissione prende il nome di Defence Readiness Omnibus, ad indicare come per snellire e accelerare la messa in opera dei progetti dell’industria della difesa la Commissione raccomandi non una, ma una serie di misure su vari livelli. Quella di maggior impatto per gli Stati membri, e per le aziende del comparto, è però certamente la proposta di tagliare con l’accetta i tempi di autorizzazione per gli investimenti in difesa. «Sono spesso lunghi e pesanti», lamenta la Commissione dopo aver ascoltato la voce degli stakeholder del settore in una consultazione pubblica appena conclusa. Ma di che procedure si tratta? Per esempio di tutte quelle collegate al rispetto delle normative ambientali, spiega nel testo l’esecutivo Ue. Che d’altronde in questi mesi sta mettendo mano all’intero quadro legislativo ambientale per snellire e sburocratizzare nel nome dell’efficienza, come da chiaro imprinting politico dei governi. Valutazioni d’impatto ambientale, piani regolatori, norme per la tutela degli habitat naturali, degli uccelli o delle risorse idriche: tutto bene e tutto giusto, dice ora la Commissione. Ma ad altri ritmi. Per gli investimenti nel campo della difesa le autorizzazioni pubbliche devono arrivare entro 60 giorni. O meglio dovrebbero, perché la materia resta di competenza nazionale e dunque l’esecutivo Ue in questo caso non può che suggerire, premere, raccomandare.

Istruzioni per l’uso

Quel ruolo di guida però la Commissione intende usarlo eccome, considerato che – viene detto e ribadito – la militarizzazione dell’economia russa richiede una risposta all’altezza di lungo periodo, se non si vuole finire per subire il nuovo ordine internazionale anziché navigarlo. E dunque i tecnici di Bruxelles scendono nel dettaglio a «beneficio» dei policy-makers nazionali. Come svoltare nella messa a terra degli investimenti in difesa? Istituendo procedure di autorizzazione accelerate su binari preferenziali, idealmente gestite da uffici ad hoc che costituiscano un «punto di contatto nazionale» unico ed efficiente per tutti gli attori del settore. Sul piano tecnico nulla vieta oltretutto di prevedere la dinamica del silenzio-assenso: se le autorità pubbliche non obiettano nulla entro 60 giorni, è la strada possibile, i progetti industriali presentati dalle aziende possono considerarsi autorizzati e partire. Come giustificare deroghe a tali e tanto significative normative? Facendo uso degli spazi di manovra che i sistemi giuridici nazionali già prevedono, indica ancora la Commissione: «Gli Stati membri possono usare le deroghe esistenti in varie legislazioni dell’Unione per “interesse pubblico prevalente”, “sicurezza pubblica” o “crisi” di modo da includervi la prontezza alla difesa», spiega l’esecutivo Ue. Che indica la via per derogare ai regimi ordinari pure nell’applicazione delle norme sui prodotti chimici o ancora sulle importazioni di beni cruciali per il comparto militare.

Guerra e pace

Lo stato d’eccezione è già qui, sostiene insomma l’esecutivo guidato da Ursula von der Leyen: si tratta solo di riconoscerlo e agire di conseguenza. «Non facciamo altro che mettere in pratica il celebre detto romano: Si vis pacem para bellum», sintetizza a Open una fonte Ue che ha lavorato al dossier. Perché l’obiettivo non è certo prepararsi a fare la guerra, ribadisce la Commissione, ma al contrario forgiare una nuova Pax Europaea all’altezza dei tempi, «così che il nostro futuro sia libero dalla coercizione e dell’aggressione e le future generazioni possano vivere il sogno europeo per il quale i nostri fondatori hanno combattuto così duramente». Con buona pace di qualche norma o modulo da compilare di troppo.

Foto di copertina: Ansa – Epa / Yoan Valat

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