La battaglia tra Giorgetti e i servizi sulla presenza di Unicredit in Russia. Gli 007 dissero che bloccare gli sportelli a Mosca era un rischio (e la Farnesina era d’accordo) – Il documento


La battaglia sulla scalata di Bpm da parte di Unicredit è ancora in pieno svolgimento e anzi, il Ceo di Unicredit, Andrea Orcel ha dato un’intervista a Repubblica lamentando il fatto che quella che amministra è l’unica banca a cui è stato applicato il golden power da parte del governo e che se le cose proseguiranno come accaduto nelle ultime settimane – anche se l’Antitrust europeo ha dato il suo ok all’operazione – l’ops sarà interrotta e a quel punto «resterà Credit Agricole come azionista di riferimento, col 20% o forse di più».
Il rapporto con la Russia
Il tema che Orcel cita per primo, però, riguarda le prescrizioni arrivate dal governo con la golden power che impongono a Unicredit di ridurre fino alla chiusura le attività in Russia. Una decisione del governo che sembra lineare, persino collegata alle prescrizioni arrivate dall’Europa. E invece, dagli atti depositati al Tar in merito al ricorso di Unicredit sui vincoli messi dal governo, però, emerge una circostanza finora ignota. E cioè che nella riunione del “gruppo di coordinamento” sul golden power, presso palazzo Chigi in cui il ministero dell’Economia ha fatto sapere che intendeva attivare i poteri speciali e vincolare il sì all’ops ad una serie di prescrizioni tra cui la cessazione di «tutte le attività in Russia (raccolta, impieghi, collocamento fondi prestiti transfrontalieri) entro la data di acquisizione del controllo di Banco Bpm», sia i servizi segreti italiani che la Farnesina si sono schierati fortemente contro questa ipotesi. Sostenendo invece che non ci fosse rischio nel mantenere Unicredit in Russia, e che i rischi maggiori per il «sistema Italia» erano semmai dalla chiusura improvvisa di tutte le operazioni.
Il documento
Il verbale, redatto il 18 aprile 2025, è molto chiaro. Alla proposta del Mef risponde il ministero degli Affari esteri (nel documento non si scrive chi lo rappresentasse) , «esprimendo la contrarietà alla prescrizione relativa alla cessazione delle attività in Russia». Il ministero deposita anche un documento in cui l’ambasciata d’italia a Mosca «fornisce un quadro sul ruolo sistemico di Unicredit a sostegno delle imprese e del sistema Italia nella Federazione Russa e sulle conseguenze di un’eventuale uscita di Unicredit dal mercato». La Farnesina per la verità, prende una posizione diversa da quella del Mef sull’intero tema, non solo dicendosi contraria all’attivazione del golden power, ma sottolineando persino che l’Italia rischia una «procedura di infrazione per l’utilizzo improprio dello strumento normativo» collegato al golden power.

Gli 007 italiani

Il ministero degli Esteri non è, però, l’unico a pensarla così. Il rappresentante dell’Ufficio del consigliere diplomatico presso palazzo Chigi si allinea parlando del «potenziale impatto che tale decisione (lo stop ad ogni operazione in Russia ndr) potrebbe avere sul Sistema Italia nella federazione russa». Ma non basta. Persino il rappresentante dei servizi, quasi certamente dell’Aise, evidenzia «criticità in merito alla prescrizione concernente la chiusura delle attività in Russia e, più in generale, ribadendo la necessità della sostenibilità del provvedimento conclusivo». Insomma il rischio, dicono i servizi, è che la prescrizione non tenga sul piano giuridico e che possa essere considerata sproporzionata.
La decisione
Il Mef però non sente ragioni. E il verbale si chiude con la decisione di rimettere il tutto al consiglio dei ministri, che poche ore dopo, attiverà il golden power specificando che tutte le operazioni in Russia dovranno essere chiuse entro il 18 gennaio.
La reazione di Unicredit

Unicredit ha fatto sapere di considerare le prescrizioni sulla Russia «controverse» e pare che nei giorni successivi in particolare Forza Italia si sia adoperata in particolare per allungare i tempi della chiusura totale. Nell’intervista concessa a Walter Galbiati, proprio la questione russa è tra le prime trattate. E Orcel spiega che, secondo la banca, le operazioni rispettano «le regole imposte dalla comunità internazionale»: «Dall’invasione ad oggi non ci sono stati nuovi prestiti a società russe, scesi dell’86%. I prestiti transfrontalieri sono calati del 94%».