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Germania e Italia, l’ipotesi di rimpatriare l’oro da New York: «Trump può limitare l’accesso».

23 Giugno 2025 - 10:53 Ugo Milano
germania italia lingotto riserva oro
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Secondo il Financial Times, la situazione di insicurezza geopolitica ed economica potrebbe spingere i due governi europei a optare per un controllo diretto sulle riserve auree. Ma Meloni dovrebbe fare uno sgarbo al suo alleato. I 245 miliardi in lingotti nelle casse della Fed

Lingotti d’oro per un valore complessivo di 245 miliardi di dollari potrebbero presto essere trasferiti da New York a Berlino e Roma. Secondo il Financial Times, Germania e Italia starebbero valutando di prelevare il loro oro, conservato dalla Federal Reserve americana, per riportarlo sotto il loro diretto controllo. Il timore sempre più diffuso, infatti, è che le scintille causate dallo scontro periodico tra il presidente americano Donald Trump e la banca centrale statunitense possano causare un incendio. E che, con un colpo di mano, il tycoon possa guadagnare una sempre maggiore influenza sulle politiche della Fed. Andando a limitare la capacità di accedere ai lingotti in caso di crisi.

Le ricchezze di Germania e Italia: il 43% della riserva negli Usa

Stati Uniti, Germania e Italia: i tre fulcri del triangolo dorato, essendo i Paesi che hanno a loro disposizione la maggiore riserva aurea al mondo. Secondo i dati del World Gold Council, Berlino segue a distanza Washington con 3.352 tonnellate mentre Roma occupa l’ultimo gradino del podio con 2.452 tonnellate. Le due capitali europee, però, hanno affidato una buona fetta delle loro riserve proprio a New York. Rispettivamente il 37% dell’oro tedesco e il 43% di quello italiano, per un valore complessivo di 245 miliardi. Una ricchezza che non è mai stata in discussione, perché sotto il diretto controllo della banca più potente e influente al mondo, ma che adesso rischia di traballare. Soprattutto di fronte alle minacce di Trump nei confronti della decisione della Fed di non abbassare i tassi: «Forzerò qualcosa».

Grafico a barre delle tonnellate metriche che mostra le riserve auree delle banche centrali
Un grafico che ritrae i dieci Paesi al mondo con le più grandi riserve auree, misurate in tonnellate (Fonte: Financial Times)

Perché l’oro italiano si trova negli Stati Uniti

Ma perché quasi metà dell’oro italiano si trova negli Stati Uniti? Si tratta di una semplice eredità storica, in particolare di quegli accordi di Bretton Woods che nel 1944 avevano inchiodato i cambi delle valute di tutto il mondo al valore del dollaro, a sua volta fissato al valore dell’oro. In quegli anni, insomma, avere i lingotti negli Stati Uniti era una sicurezza. E il collasso degli accordi nel 1971, con l’uscita degli Usa ordinata dall’allora presidente Richard Nixon, non ha intaccato la decisione di Germania e Italia. Parigi, al contrario, aveva anticipato la decisione di Washington ritirando tutti i suoi lingotti per paura dell’implosione del sistema monetario internazionale.

La paura della mano di Trump e la posizione di Giorgia Meloni

Nel 2013, in realtà, la Bundesbank tedesca aveva deciso di depositare metà delle sue riserve a Berlino, trasferendo 674 tonnellate di lingotti da Parigi e New York a Francoforte. Una mossa per salvaguardare una parte delle proprie riserve, come ha sottolineato l’ex deputato conservatore Peter Gauweiler: «Dobbiamo chiederci se negli ultimi dieci anni conservare l’oro all’estero sia diventato più sicuro e stabile oppure no. La risposta è ovvia». Il rischio, si mormora nel Bundestag, è che «Trump possa manomettere l’indipendenza della Fed, limitando il controllo dell’oro da parte delle banche centrali europee».

Anche perché, in caso di crisi, «quello che conta davvero è il controllo fisico delle riserve». È lo stesso Financial Times a ricordare come uno dei cavalli di battaglia della premier Giorgia Meloni, prima della vittoria elettorale, fosse proprio il rimpatrio della riserva. Ora, invece, dal suo partito filtra una linea opposta: «La posizione geografica dell’oro ha solo un’importanza relativa», ha detto Fabio Rampelli di FdI. «È in custodia di uno storico amico e alleato».

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