Il glifosato non risulta pericoloso nelle dosi raccomandate dall’UE


Ci avete segnalato le condivisioni Facebook di un video sul glifosato. Si tratta di un erbicida usato in agricoltura, da tempo al centro di polemiche e fake news riguardo alla sua presunta pericolosità per i lavoratori che devono utilizzarlo e per i consumatori dei prodotti alimentari. Il filmato in oggetto sostiene che nelle dosi raccomandate dalle autorità americane ed europee risulterebbe cancerogeno. Insomma ci starebbero mentendo su una sostanza nociva a cui verremmo esposti inconsapevolmente. Viene proposta quindi come alternativa una soluzione di acqua e aceto bianco.
Per chi ha fretta:
- Secondo la clip in oggetto le agenzie europee ci starebbero esponendo a dosi cancerogene di glifosato derivato dagli erbicidi usati in agricoltura.
- In particolare un recente studio sui ratti dimostrerebbe tale pericolo.
- In realtà parliamo di una ricerca limitata che non può smentite le statistiche in possesso delle agenzie competenti.
- I prodotti che arrivano in tavola hanno già subito controlli accurati.
- Anche una corretta formazione dei lavoratori che devono utilizzare gli erbicidi è importante per tutelarne la salute.
Analisi
Le condivisioni della clip sul glifosato si presentano con la seguente didascalia:
FAVOLOSO! Nuovissimo epocale studio italiano sul glifosato smentisce l’affermazione dell’UE “sicuro ed efficace” e dimostra che l’erbicida più usato in agricoltura causa tumori rari e mortali in diversi organi, anche a dosi definite “sicure” dalle autorità di regolamentazione degli Stati Uniti e dell’UE! Va ritirato immediatamente dal commercio! L’alternativa biologica per i coltivatori “amatoriali”!

Il glifosato va ritirato immediatamente dal commercio?
In sintesi, secondo quanto riporta la voce narrante della clip in oggetto, in uno studio pubblicato recentemente su BMC, il contenuto degli erbicidi a base di glifosato utilizzati nell’Unione Europea e negli Stati Uniti, sono stati somministrati nei ratti. Gli animali sono stati così esposti alla dosi giornaliere ritenute accettabili in UE in proporzione al loro peso corporeo. In tutti i gruppi trattati si sono osservati trend di aumento statisticamente significativi nell’incidenza di tumori benigni e maligni.
«Questi risultati forniscono solide prove a supporto della conclusione dell’IARC secondo cui vi sono sufficienti prove di cancerogenicità del grifosato negli animali da esperimento – riporta la voce narrante -. Inoltre i nostri dati sono coerenti con le evidenze epidemiologiche sulla cancerogenicità del grifosato […]. Questo studio dimostra senza alcun dubbio che non ci si può affidare delle autorità di regolamentazione degli Stati Uniti e dell’Unione Europea e dei loro sicure ed efficace. Nel complesso questi dati forniscono una solida prova del potenziale cancerogeno del glifosato ampiamente utilizzato in agricoltura talvolta anche da inconsapevoli agricoltori amatoriali e sottolineano l’urgente necessità di eliminarne completamente l’uso e sostituirlo con alternative dimostrabilmente non cancerogene. Un piccolo consiglio per chi deve eliminare erbacce dal terreno, provate a usare una soluzione di acqua e aceto bianco in parti uguali, non ha l’immediatezza del grifosato ma è una valida alternativa biologica che preserva la salute di persone, animali e ambiente».
La generalizzazione di precedenti studi simili influiscono anche nelle sentenze dei tribunali. Nel 2018 la Corte Superiore di San Francisco emise una condanna ai danni della multinazionale Monsanto, che si trovò a dover risarcire 289 milioni di dollari all’ex giardiniere Dewayne Johnson, affetto da linfoma non-Hodckin. Il tumore di cui soffriva, secondo il tribunale, sarebbe associato all’uso dell’erbicida Roundup, a base di glifosato, prodotto dalla Società. Un anno dopo la Bayer acquisì Monsanto, subendo una sentenza simile: nel 2020 dovette sborsare oltre 10 miliardi di dollari per chiudere tutte le altre vertenze legali riguardanti l’erbicida. Tra i legali che assistettero l’ex giardiniere c’era anche Robert Kennedy Jr., un politico americano che si è distinto per il suo sostegno a pericolose fake news in ambito sanitario. Suggeriamo di leggere l’analisi che fece all’epoca il collega Michelangelo Coltelli per Butac.

Cosa sappiamo davvero del glifosato
Un conto sono le sentenze un altro sono gli studi e il modo in cui vengono eseguiti. Ci aspettiamo che un topo possa rispondere in maniera diversa alla dose di esposizione al glifosato raccomandata per gli esseri umani, anche se proporzionale al peso. Allo stesso modo la modalità con cui usiamo, per esempio un insetticida nuocerà solo gli insetti e non anche noi. Ma se respirassimo tale sostanza a pieni polmoni bene non ci farebbe di sicuro. Secondo un documento dello IARC il glifosato è un «probabile cancerogeno per l’uomo». Si trova quindi nel gruppo 2A, che elenca altre 66 sostanze e fattori di rischio, come le carni rosse, il fumo del caminetto, la frittura, gli anabolizzanti e il lavoro notturno. Secondo uno studio del 2015 pubblicato su The Lancet Oncology, emerge una forte correlazione tra glifosato e linfoma non-Hodgkin. Ma i dati sono ancora incerti. Basti pensare che la U.S. Environmental Protection Agency (EPA) ha assunto una posizione diametralmente opposta allo IARC, sostenendo che il glifosato «non è probabilmente cancerogeno per l’uomo». Gli studi epidemiologici su cui si basa l’agenzia dell’OMS non possono fornire prove convincenti che «il glifosato induca mutazioni in vivo per via orale». Per maggiori approfondimenti consigliamo la lettura dell’articolo della Fondazione Veronesi.
Non di meno, i prodotti che finiscono in tavola devono essere monitorati dalle agenzie competenti. Nell’Unione europea i prodotti dei supermercati, come vini e altri prodotti agricoli sono sicuri. Inoltre, nel 2023 la Commissione europea ha autorizzato l’utilizzo del glifosato per altri 10 anni. È legittimo invece preoccuparsi della sicurezza dei lavoratori. La condanna di Monsanto si deve al fatto che non avrebbe riportato nelle confezioni del suo prodotto un avviso riguardo alla probabile pericolosità. Chi deve utilizzare prodotti a base di glifosato deve essere debitamente istruito su come proteggersi adeguatamente. Nessuno casca dalle nuvole. Pensiamo al caso di Edwin Hardeman, 70enne che aveva usato per oltre vent’anni il Roundup della Monsanto. Nulla di paragonabile col consumatore che si nutre con della pasta, prodotta usando grano coltivato da aziende che impiegano tale erbicida. Anni fa Le Iene intervistarono Fabian Tomasi, tristemente noto per essersi fatto la doccia con un erbicida a base di Glifosato. A suo dire ne fece consapevolmente uso per rinfrescarsi (Sic!). Secondo quanto riporta il sito Web argentino Lavoz.com.ar, Tomasi si definisce «un esempio estremo», per aver lavorato in assenza di adeguate precauzioni, oltre a essere pagato a nero e senza un’adeguata tutela.
Acqua e aceto come alternativa al glifosato?
È possibile considerare soluzioni di acqua e aceto bianco come valida alternativa agli erbicidi a base di glifosato? Deborah Smith-Fiola e Stanton Gill hanno scritto un’interessante analisi in merito per il sito Web dell’Università del Maryland. Certamente l’acido acetico può essere usato come erbicida ma ha dei limiti che non lo rendono competitivo nel mercato. Uccide solo le erbacce emergenti e non previene la crescita futura. Può danneggiare qualsiasi pianta con cui entra in contatto, incluse quelle che si vorrebbe proteggere. Non uccide fino alle radici, rendendo necessarie ripetute applicazioni per erbacce più grandi e perenni.
Quindi alla lunga costa più degli erbicidi industriali, sia dal punto di vista delle modalità di impiego che per il numero maggiore di applicazioni richieste, per non parlare dei maggiori costi di manodopera. Ma delle vere alternative potrebbero esserci eccome. Sempre su Butac troviamo un’intervento di Donatello Sandroni, laureato in Scienze Agrarie con dottorato di ricerca in Chimica, Biochimica ed Ecologia degli Antiparassitari, giornalista e divulgatore scientifico, il quale illustra i pro e i contro per l’uso dell’acido pelargonico come sostituto del Glifosato.
Conclusioni
Abbiamo visto che non ha senso allarmare le persone sui presunti pericoli del glifosato. I prodotti dei supermercati sono già sottoposti a rigorosi controlli. Anche una adeguata formazione dei lavoratori può fare la differenza, tutelando la loro salute. Delle alternative esistono, ma vanno valutate considerandone i limiti.
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