Fedez e le anticipazioni del suo libro. Da Sanremo al tentativo di suicidio: «Questa che leggerete è la storia di uno che non ce l’ha fatta»


«Le persone credono che io decida, pianifichi, organizzi: io sono il manipolatore, lo stratega, io sono la falena. Ma la verità è che dall’inizio c’è una parte di me che non ha deciso quasi niente. Sin dal principio è stata una corsa, una fuga». Queste alcune righe che appaiono nelle pagine, condivise su Instagram, da Fedez. Si tratterebbe di alcuni pezzi del suo libro, ancora in corso d’opera, un lavoro che il rapper aveva anticipato allo youtuber Gabriele Vagnano. Una sorta di «top five della merda», aveva spiegato al tempo l’ex marito di Chiara Ferragni, che dovrebbe contenere gli ultimi anni da montagne russe (e non solo) dell’artista. Dalla crisi matrimoniale alla malattia, da Sanremo alle liti con i soci. Il titolo del libro ancora non c’è, ma in alcune pagine è chiaro come si vada a toccare argomenti intimi.

«Tornare su quel palco dove è iniziata la fine di tutto»
Dal ritorno sul palco dell’Ariston, con la canzone “Battito”. «Ho tenuto gli occhi chiusi per non esser travolto – scrive il rapper – per arrivare alla fine della sola canzone che avrei potuto cantare in questo momento: tornare su quel palco, lì dove è iniziata la fine di tutto. Dove ho esagerato, mi è stato detto, urlato. Dove non ho avuto rispetto». «Tornarci con un pezzo che è stato il mio modo di vedere davvero quello che ci è successo, quello che ho fatto. Poi ho aperto gli occhi, le pupille nere, ultradilatate. Petrolio, buco nero, “il paziente non è cosciente”. Come con le sostanze, come con i farmaci che avrebbero dovuto salvarmi e non l’hanno fatto. Questa che leggerete è la storia di uno che non ce l’ha fatta», spiega.
«Le pillole? Quando le ho mollate il mio cervello ha iniziato a urlare»
«Non è il salto, non è il colpo, non è l’atto in sé. È quello che succede prima», spiega Fedez. «È la gestazione, figlia di un lungo periodo di progettazione di tale atto». Spiega che le cose sono peggiorate con la fine, netta, della terapia con psicofarmaci. «Uno dice “sono solo pillole”. Ma quelle bastarde erano diventate la mia pelle, la mia lingua, il mio pensiero. E quando le ho mollate il cervello ha cominciato a urlare».