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Si è aggravato il bimbo di 7 anni soccorso in piscina nel parco acquatico di Gallipoli. L’ospedale smentisce la morte: il sospetto del gioco finito male

21 Luglio 2025 - 21:40 Ugo Milano
ACquapark Gallipoli, bambino 7 anni in rianimazione
ACquapark Gallipoli, bambino 7 anni in rianimazione
La direzione generale dell'ospedale salentino smentisce un suo dirigente, che aveva comunicato il decesso del bambino. Le sue condizioni sono comunque in peggioramento. Le indagini sulla morte del piccolo e le ipotesi degli inquirenti

È ancora vivo il bambino di 7 anni che ieri, 20 luglio, era stato trasportato in ospedale in gravissime condizioni dopo aver perso i sensi nella piscina di un parco acquatico vicino a Gallipoli. Il bambino non è morto, come era emerso in un primo momento da un dirigente dell’ospedale salentino. La direazione sanitaria ha chiarito che le condizioni del bambino si sono ulteriormente aggravate. Dopo le prime manovre di rianimazione da parte dei bagnini, il piccolo era stato ricoverato nel reparto di Rianimazione del Sacro Cuore della città pugliese, dove oggi le sue condizioni si sono aggravate fino alla morte. La procura di Lecce ha aperto un fascicolo di inchiesta, che per il momento risulta senza indagati, e ha disposto il sequestro della piscina. Nell’area non sarebbero presenti telecamere di sorveglianza.

Le prime ricostruzioni: i genitori e l’intervento dei bagnini

Era all’acquapark con la famiglia quando ha rischiato di annegare sott’acqua allo Splash di Rivabella, molto frequentato dai turisti. Dalle prime ricostruzioni, pare che il piccolo si trovasse insieme ai genitori. A un certo punto, per cause ancora da accertare, è finito in una parte della piscina con l’acqua alta. Pare non sapesse nuotare. Non è esclusa anche l’ipotesi che il bambino volesse provare a trattenere più a lungo possibile il resporo sott’acqua mentre giocava con altri bambini. Sarebbe stato il padre il primo ad accorgersi che il figlio galleggiava in acqua privo di sensi. I primi a intervenire sarebbero stati i bagnini, che hanno tentato di rianimare il bambino in attesa dei soccorritori del 118. Il trasferimento al pronto soccorso è avvenuto quando il piccolo era già in arresto cardiaco, anche se i medici erano riusciti a riattivare il battito. A preoccupare gli specialisti era però la permanenza di acqua che gli avrebbe causato danni cerebrali tali da non farlo reagire agli stimoli ai quali è stato sottoposto nel reparto di rianimazione dell’ospedale.

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