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Fine vita, suicidio assistito con l’aiuto di terze persone. La Consulta: «Favorire l’auto somministrazione, la sanità deve dare garanzie»

25 Luglio 2025 - 16:00 Alba Romano
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L'opinione della Corte Costituzionale su un caso sollevato dal Tribunale di Firenze. «Il giudice non ha motivato la reperibilità di un dispositivo azionabile dal paziente che abbia perso l’uso degli arti»

Per la Consulta è inammissibile l’intervento attivo di un’altra persona nella somministrazione del farmaco in caso di suicidio assistito. Si tratta della sentenza n. 132, depositata oggi, in cui la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 579 del codice penale sollevate dal Tribunale di Firenze in riferimento agli articoli 2, 3, 13 e 32 della Costituzione. E rischia non poco di influire sul disegno di legge sul fine vita che sarà analizzato da settembre in Parlamento. Per la Corte Costituzionale occorre trovare una soluzione, nel caso del fine vita, con l’autosomministrazione, che va garantita come diritto del malato.

Il caso e il sistema sanitario nazionale che deve fungere da garante

«Il giudizio a quo – spiega la Consulta – è stato instaurato da una persona affetta da sclerosi multipla, la quale, trovandosi nelle condizioni indicate dalla sentenza numero 242 del 2019 per l’accesso al suicidio medicalmente assistito, come verificate dall’azienda sanitaria territorialmente competente, versa tuttavia nell’impossibilità di procedere all’autosomministrazione del farmaco letale, in quanto priva dell’uso degli arti, a causa della progressione della malattia, e non essendo reperibile sul mercato la strumentazione necessaria all’attuazione autonoma del suicidio assistito, cioè una pompa infusionale attivabile con comando vocale ovvero tramite la bocca o gli occhi, uniche modalità consentite dallo stato attuale di progressione della malattia».

La colpevolezza o meno dell’altra persona

«Chiamato a pronunciarsi sul ricorso per provvedimento d’urgenza tramite il quale la persona medesima ha chiesto accertarsi che il proprio diritto di autodeterminazione in materia di fine vita includa la possibilità di scegliere la somministrazione del farmaco da parte di terzi, il Tribunale di Firenze ha censurato l’articolo 579 del codice penale, che punisce il reato di omicidio del consenziente, nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, sussistenti le condizioni di accesso al suicidio medicalmente assistito, attui materialmente la volontà del malato il quale, per impossibilità fisica e per assenza di strumentazione idonea, non possa procedervi in autonomia». «Secondo il rimettente – prosegue la Consulta -, la punibilità della condotta del terzo impedirebbe al malato di attuare la propria scelta di fine vita per il dato meramente accidentale dell’incidenza della patologia sull’uso degli arti, venendosi in tal modo a determinare un’irragionevole disparità di trattamento rispetto ai pazienti che tale uso abbiano conservato e producendosi altresì una lesione del diritto del malato all’autodeterminazione». Le questioni sono state dichiarate inammissibili perché «il giudice a quo non ha motivato in maniera né adeguata, né conclusiva, in merito alla reperibilità di un dispositivo di autosomministrazione farmacologica azionabile dal paziente che abbia perso l’uso degli arti».

Va coinvolta la sanità pubblica (che deve aiutare per l’autosomministrazione)

Per la Corte nell’ordinanza di rimessione il giudice avrebbe dovuto coinvolgere «organismi specializzati operanti, col necessario grado di autorevolezza, a livello centrale, come, quanto meno, l’Istituto superiore di sanità, organo tecnico-scientifico del Servizio sanitario nazionale». La sentenza precisa che ove tali dispositivi potessero essere reperiti in tempi ragionevolmente correlati allo stato di sofferenza della paziente, questa «avrebbe diritto ad avvalersene». Serve che siano verificate le condizioni di accesso all’opzione con «una situazione soggettiva tutelata, quale consequenziale proiezione della sua libertà di autodeterminazione, e segnatamente ha diritto di essere accompagnata dal Servizio sanitario nazionale nella procedura di suicidio medicalmente assistito, diritto che, secondo i principi che regolano il servizio, include il reperimento dei dispositivi idonei, laddove esistenti, e l’ausilio nel relativo impiego». Il Servizio sanitario nazionale è tenuto «nell’esplicazione di un doveroso ruolo di garanzia che è, innanzitutto, presidio delle persone più fragili»

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