Delitto di Garlasco, cos’è «l’impronta papillare 33». Dov’è stata trovata, l’intonaco e cosa dice su Sempio e l’omicidio di Chiara Poggi


Repertata subito e mai considerata, ritornata sotto la lente d’ingrandimento dopo diciotto anni e terreno di uno scontro feroce tra periti: l’impronta «papillare 33» è uno degli indizi che potrebbero rivelarsi decisivi nel tentativo della procura di Pavia di riscrivere la storia del delitto di Garlasco. Niente di evidente o eclatante, un semplice segno del palmo di una mano impresso – quasi stampato – sulle scale che portavano alla taverna, a pochi centimetri dal luogo in cui fu ritrovato il cadavere di Chiara Poggi il 13 agosto 2007. Secondo gli inquirenti, l’impronta sarebbe «intrisa di sangue e sudore». E sarebbe con certezza attribuibile ad Andrea Sempio, unico indagato in concorso in omicidio con altri o con Alberto Stasi (unico condannato in via definitiva a 16 anni di carcere) nelle nuove indagini e amico del fratello della vittima, Marco POggi.
Dove si trovava l’impronta 33
La «papillare 33» si trova sulla ripida scala a spirale e senza corrimano che, nella villetta di via Pascoli, portava alla taverna in cui Marco Poggi e i suoi amici – tra cui Andrea Sempio – a volte si erano ritrovati a giocare. Per la precisione, si situa all’altezza del terzo gradino dall’alto dei tredici presenti. Al nono venne trovata riversa Chiara Poggi, dopo che – secondo le ricostruzioni della procura nei processi che portarono alla condanna dell’allora fidanzato Alberto Stasi – aveva aperto la porta al suo assassino. Su quei gradini era stata fatta «scivolare giù», probabilmente ancora viva, dopo essere stata aggredita.
Le altre impronte repertate e l’intonaco scomparso
Su quella stessa parete furono individuate durante le prime indagini ben 24 impronte. Solo sei di queste vennero identificate e connesse a un nome: quattro sarebbero riconducibili a un ufficiale dei carabinieri, tra i primi a entrare nella villetta, mentre le altre due sarebbero un pollice di Giuseppe Poggi, padre della vittima, e proprio la papillare 33. Tutte erano state repertate nel 2007, ma l’impronta che secondo la procura sarebbe di Sempio non venne ritenuta interessante perché «priva di tracce evidenti di sangue». Anche per questo motivo, l’unica metà dell’impronta che venne grattata via dall’intonaco per essere analizzata dal Ris di Parma risulta ora irreperibile, perché «interamente utilizzato» nelle prime analisi.
La certezza della procura che l’impronta sia di Andrea Sempio
Tutto è cambiato circa 2 mesi fa, il 20 maggio, quando una perizia dattiloscopica disposta dalla procura di Pavia evidenzia quindici punti di contatto tra l’impronta 33 e il palmo di Andrea Sempio, tre in più dei dodici sufficienti a garantire la coincidenza. Forti della relazione del Nucleo investigativo di Milano, che già nel 2020 aveva messo nero su bianco quanto fosse «logico-fattuale che l’impronta sulla parete delle scale appartenga all’assassino», gli inquirenti hanno ulteriormente stretto il cerchio attorno all’amico di Marco Poggi. Secondo la ricostruzione degli investigatori, come confermato poi dalla perizia della difesa di Alberto Stasi, non solo l’impronta non era «di nulla utilità», come era stata definita nel 2007. Al contrario, permetteva di ricostruire – almeno parzialmente – cosa fosse successo sulla scena del crimine.
La ricostruzione della scena del crimine e le ipotesi su Andrea Sempio
Nel 2015, la sentenza di condanna definitiva di Stasi concludeva che l’assassino aveva gettato il corpo di Chiara Poggi giù dalle scale senza mai scendere un gradino. Un dato compatibile con le ultime ipotesi, dato che Sempio – che la procura ritiene presente nella villetta al momento della morte di Chiara Poggi – si sarebbe sporto dal «gradino zero» per guardare verso la taverna. Facendo così, avrebbe poggiato la mano destra sul muro a un’altezza innaturale rispetto a una semplice discesa delle scale, imprimendo «un contatto palmare intenso», quindi derivante da una forte pressione della mano. Una mano che, secondo la difesa di Stasi, era sudata e insanguinata.
July 25, 2025
La posizione di Sempio e la ninidrina: «L’avrò lasciata nei giorni precedenti»
Di avviso opposto la difesa di Sempio, che ritiene invece quella papillare una «impronta occasionale». Lo stesso Andrea Sempio, nel marzo 2020, aveva spiegato: «Probabile che ci siano mie impronte, ero lì fino a pochi giorni prima. L’unica stanza in cui non sono mai entrato è la camera dei genitori». A supporto di questa tesi, i periti difensori hanno portato i dubbi concreti sull’identificazione effettiva di sangue all’interno dell’orma. Secondo loro, infatti, la colorazione rosso intenso deriverebbe semplicemente dalla ninidrina, il reagente usato per rendere visibili le impronte. Per i periti di Stasi, al contrario, un rosso così acceso si avrebbe solo in presenza di tracce ematiche.