Mosca inserisce Mattarella nella lista nera dei «russofobi»: con lui anche Tajani e Crosetto. L’ira di Meloni: «Ennesima operazione di propaganda»


Antonio Tajani, Guido Crosetto e – per l’ennesima volta – Sergio Mattarella: i ministri degli Esteri e della Difesa e il presidente della Repubblica sono tra i nomi che Mosca ha ufficialmente inciso nella lista nera dei nemici della Russia. È il ministero degli Esteri stesso a ufficializzarlo con l’apertura di una nuovissima sezione sul suo sito web, dedicata agli «Esempi di manifestazioni di russofobia». La funzione della pagina è già descritta dal suo nome: una vera e propria carrellata, anno per anno a partire dal 2013, di tutte le citazioni in cui secondo il Cremlino i potenti e politici stranieri avrebbero «incitato all’odio contro la Russia». Parole che, azzarda il ministero nell’introduzione alla sezione, andrebbero a violare la risoluzione Onu sulla «promozione del dialogo interreligioso e interculturale e della tolleranza». Non si è fatta attende la reazione dell’Italia, che per tutta risposta – come fa sapere la Farnesina – sta per convocare l’ambasciatore russo nel Paese, proprio per contestargli l’inserimento di alte cariche della Repubblica italiana nell’elenco di soggetti «russofobi».

L’ira di Meloni: «Ennesima operazione di propaganda russa»
«L’Italia ha scelto con fermezza di stare al fianco dell’Ucraina di fronte alla brutale guerra di aggressione scatenata dalla Russia ormai tre anni fa, e continua a garantire il proprio sostegno al popolo ucraino nella sua eroica resistenza». Sulla vicenda è intervenuta anche Giorgia Meloni, che in una nota ha accusato la Russia di mettere in atto «l’ennesima operazione di propaganda, finalizzata a distogliere l’attenzione dalle gravi responsabilità di Mosca, ben note alla comunità internazionale e che la comunità internazionale ha condannato fin dall’inizio». Poi la presidente del Consiglio ha espresso massima solidarietà al Capo dello Stato e ai ministri: «Desidero, per questo, rivolgere la mia solidarietà al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ai ministri Antonio Tajani e Guido Crosetto e a tutti coloro che sono stati destinatari di questa inaccettabile provocazione».
L’accusa a Sergio Mattarella
L’obiettivo russo è il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e in particolare il suo discorso di febbraio 2025 all’Università di Marsiglia: «Prevalse il principio di predominio, non la cooperazione. E queste furono guerre di conquista. Questo era il piano del Terzo Reich in Europa. L’attuale aggressione russa contro l’Ucraina è di questa natura». Parole riportate paro paro con in calce quando e dove sono state pronunciate, come a fissare il momento in cui la presunta offesa è giunta nelle stanze del Cremlino. Non è però l’unica frase contestata al capo di Stato: «La tragedia del popolo ucraino ci ricorda la distruzione che ha colpito i Paesi europei e ci invita a rinnovare il nostro impegno nella difesa della pace, della libertà e dello stato di diritto dai regimi dittatoriali», aveva detto un anno prima durante la commemorazione per l’80esimo anniversario della battaglia di Montecassino, presso il cimitero militare polacco.
Le interviste di Tajani e Crosetto: «Putin vuole tutta l’Ucraina e non solo»
Che il Cremlino avesse mal digerito, e non poco, le parole di Mattarella era già noto. Negli scorsi mesi il presidente della Repubblica era stato più volte attaccato dalla portavoce del ministero, Maria Zakharova, che lo aveva tacciato di «blasfemia» ed era arrivata a organizzare una raccolta firme, a cui avevano partecipato nomi sospetti – e ironici – come Galina Kocilova. New entry nella lista nera sono invece Antonio Tajani e Guido Crosetto, a cui sono contestate frasi risalenti al 2024 e pronunciate durante due interviste distinte al Messaggero. Il ministro degli Esteri aveva infatti detto: «Vorrei vedere bandiere blu e gialle alla marcia (in onore del giorno della liberazione dell’Italia dal fascismo, ndr). I combattenti ucraini, come i partigiani e i soldati dell’esercito di liberazione del 1945, combattono per la libertà». Il ministro della Difesa aveva invece accusato Putin di «volere tutta l’Ucraina, e nessuno garantisce che si fermerà lì».