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Alessandro Venier ucciso per non aver apparecchiato la tavola. Ma restano punti ancora non chiari sull’omicidio di Gemona

01 Agosto 2025 - 08:15 Stefania Carboni
alessandro venier
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Lorena Venier, 62 anni, e Marylin Castro Monsalvo, 31enne colombiana, rispettivamente madre e compagna della vittima si auto incolpano del delitto. Ma ci sono ancora elementi mancanti, che forse emergeranno dall'autopsia e dagli interrogatori: ecco quali

Lo hanno indicato loro, il bidone al cui interno c’erano i resti, a pezzi e coperti con calce forse per coprire l’odore, di Alessandro Venier 35 anni. Madre e compagna della vittima, che si sono autoaccusate del delitto. Ma sull’omicidio di Lorena Venier, 62 anni, e Marylin Castro Monsalvo, 31enne colombiana, che avrebbe sofferto di depressione post partum, c’è ancora tanto da chiarire. Le due hanno chiamato il numero unico per l’emergenza. Poco dopo i carabinieri sono giunti nell’abitazione dei tre, a Gemona del Friuli, facendo la macabra scoperta. La figlia di Marylin e Alessandro, di sei mesi, e già data in affido a una struttura protetta. Non è chiaro il movente che avrebbe spinto le due ad ammazzare e poi sezionare con l’ascia il corpo dell’uomo. Perché i vicini di casa assicurano che non c’è mai stata una lite, un’ombra in quella casa. Si attende l’esito dell’interrogatorio sulle due donne da parte del magistrato udinese di turno, Giorgio Milillo, nel carcere di Trieste. La madre è stata interrogata ieri sera.

Lorena Venier, la madre di Alessandro Venier, 35 anni, fatto a pezzi a Gemona del Friuli, in provincia di Udine, si reca in caserma per essere interrogata, 31 luglio 2025. ANSA/DIEGO PETRUSSI

L’interrogatorio della mamma di Alessandro Venier

Per dare un’accelerata alle indagini sull’omicidio di Gemona Lorena Venier, di 61 anni, è stata interrogata nella tarda serata di ieri. Si tratta di una prima parte dell’interrogatorio, che dovrebbe riprendere stamani. Una volta cristallizzata la prima deposizione, si procederà, presumibilmente sempre questa mattina, con l’acquisizione delle dichiarazioni della compagna dell’uomo. E oggi, nella villetta in località Taboga, alla periferia di Gemona, proseguiranno gli accertamenti da parte dei reparti scientifici dell’Arma. A prescindere da quanto diranno le due donne, gli investigatori vogliono ricostruire esattamente le modalità dell’omicidio e individuare la stanza dove l’uomo è stato ucciso. Il bidone in cui sono stati trovati i resti (il corpo è stato suddiviso in tre parti) era in una sorta di autorimessa affianco alla villetta stessa. Nell’abitazione finora non sono state trovate evidenti tracce di sangue. Probabilmente la mamma e la compagna dell’uomo hanno ripulito attentamente il posto nei giorni seguenti l’omicidio. Forse volevano occultare per sempre il corpo e non ci sono riuscite. Per portare via il bidone ci si è dovuti servire di un mezzo speciale dei vigili del Fuoco.

Nessun segno di collutazione

La morte dell’uomo risalirebbe ad alcuni giorni fa. E secondo quanto riporta oggi il Messaggero non è chiaro in quale stanza sia avvenuto l’omicidio. Perché non sarebbero state trovate tracce di colluttazione. Per chiarire cosa sia avvenuto nella villetta, saranno anche effettuati degli esami tossicologici, per verificare se e quali sostanze possano essere state eventualmente somministrate. La sostituta procuratrice di Udine, Danelon, ha detto che «per il momento si tratta soltanto di illazioni che non possono essere confermate fino a quando non saranno ascoltate le due persone che si sono auto-incolpate del delitto».

Una vicina esemplare

Alessandro Venier è nato dalla signora Lorena e da un uomo di origini egiziane che non aveva mai voluto riconoscerlo. All’epoca la donna Lorena Venier, ricostruisce il Corriere della Sera, viveva a Padova, poi si era trasferita a Gemona. Ha fatto l’infermiera per anni. «Una donna affabile, con la quale avevamo rapporti di buon vicinato — ha dichiarato al quotidiano Alberto Guillan, un militare che vive con la sua famiglia nella villetta di fronte —. A volte ci portava le uova. Non abbiamo mai sentito litigi, per questo è tutto inspiegabile». Alessandro però non aveva un lavoro stabile. Gli piaceva il fitness, il trekking ma, secondo quanto riporta il quotidiano, aveva avuto problemi con alcol e droga. Sembra volesse tornare in Colombia dove aveva conosciuto la sua compagna Marylin, operatrice socio-sanitaria al momento disoccupata.

Il movente (che ancora non è chiaro)

L’ipotesi più probabile secondo gli inquirenti è che sia scoppiata una lite in casa, venerdì sera (ultimo giorno in cui l’uomo è stato visto da terze persone). Dopo il rifiuto del 35enne di apparecchiare la tavola. Un gesto irrilevante che potrebbe però aver scatenato la furia omicida. Ma ancora c’è tanto da dover ricostruire.

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