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Linus e le stragi di ciclisti: «Odio social contro le bici. Le piste? Utili quando non sono finte»

04 Agosto 2025 - 07:05 Alba Romano
linus bicicletta
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Il conduttore: 130 morti nel 2025? Troppa gente non rispetta le regole

«Penso che non sia una lotta tra chi va in bici e chi va in auto: la responsabilità è tutta di chi guida. Lo dico anche da automobilista». Il conduttore Linus è un appassionato di ciclismo. E oggi in un’intervista a Repubblica parla delle 130 vittime della strada in bici nel 2025. «Una cifra impressionante, inaccettabile. Troppa gente non rispetta alcuna regola, soprattutto i limiti di velocità, ma la cosa più grave è che queste regole non vengono fatte rispettare. La strada è una terra di nessuno dove continuano a morire i più deboli e indifesi», dice. Mentre all’estero non è così: «Basta recarsi in qualunque altra nazione per accorgersi che lì è come se tutto fosse rallentato: le automobili non fanno a gara per scattare più in fretta ai semafori o per il sorpasso più pericoloso. E si mantengono le distanze di sicurezza».

Incidenti, vittime e insofferenza

Linus spiega che oltre a incidenti e vittime è in crescita anche l’insofferenza nei confronti di chi va in bici: «L’odio social incide anche su questo: esistono atteggiamenti da ultrà da stadio contro i ciclisti. E poi, una volta in strada, ci mandano a quel paese anche se siamo disciplinatissimi». Per esempio «alle rotonde, quando l’automobilista deve per forza sorpassare in staccata il ciclista, questo insopportabile rompiballe». Il rischio per chi va in auto è perdere tempo. Chi va in bici si gioca la vita: «Vado in bici da corsa regolarmente da una quindicina d’anni, e questo peggioramento l’ho notato eccome. Nelle zone più battute e trafficate, la bicicletta è ormai un rischio mortale. Anche l’educazione latita. A volte ci insultano persino i bambini, che abbassano il finestrino e ci gridano di stare a destra, istigati, penso, da padri e madri che in quel momento magari stanno smanettando sullo smartphone».

Salvarsi la vita

Per salvarsi la vita lui cerca «di tenermi alla larga. Anche oggi mi sono fatto le mie tre ore in sella, ma ormai evito il più possibile le statali. Meglio gli sterrati e i percorsi misti. Le città sono un agguato perenne anche per colpa della confusione». Le piste ciclabili sono invece utili «soltanto quando non sono finte. A volte i comuni, Milano compresa, tirano righe gialle sull’asfalto e decidono che quella è una ciclabile: non è così che funziona. Io eliminerei anche qualche semaforo: se non ci sono, all’incrocio si sta tutti più attenti». Mentre i limiti di velocità ai 30 all’ora nei centri abitati «mi sembrano pleonastici. Provate voi ad andare a più dei 30 a Milano. Possibilmente, senza ammazzare un ciclista».

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