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Brasile, Bolsonaro agli arresti domiciliari. Gli Usa di Trump: «La giustizia soffoca l’opposizione»

05 Agosto 2025 - 08:35 Alba Romano
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L’ordine di arresti domiciliari è arrivato dal giudice della Corte Suprema Alexandre de Moraes

Jair Bolsonaro, ex presidente del Brasile e simbolo della nuova destra latinoamericana, si trova ora confinato nella propria abitazione, al centro di una tempesta politica e giudiziaria che ha ormai oltrepassato i confini nazionali. L’ordine di arresti domiciliari è arrivato dal giudice della Corte Suprema Alexandre de Moraes, figura centrale nello scontro tra le istituzioni democratiche e l’ex leader, accusato di aver orchestrato – direttamente o indirettamente – un tentativo di colpo di Stato dopo le elezioni del 2022. Una misura motivata dal «ripetuto mancato rispetto» delle precedenti disposizioni giudiziarie, come il divieto d’uso dei social media e i sospetti di pressioni internazionali sul procedimento giudiziario, in particolare verso l’amministrazione americana di Donald Trump. Ora Bolsonaro, 70 anni, ex capitano dell’esercito, non può ricevere visite (se non da avvocati e familiari stretti), non può usare il cellulare né comunicare pubblicamente.

Le reazioni: lo scontro con Washington

A stretto giro è arrivata la reazione di Washington. Il Dipartimento di Stato USA ha criticato duramente la decisione del giudice de Moraes, accusandolo di «soffocare l’opposizione politica» e di violare i diritti fondamentali. Una presa di posizione forte, in linea con l’asse ideologico tra Bolsonaro e l’ex presidente americano Donald Trump, che ha già parlato apertamente di una “caccia alle streghe” contro il suo alleato brasiliano. Non è un caso che proprio De Moraes sia stato recentemente inserito in una lista di sanzioni da parte del Tesoro statunitense.

Il «Mythos» che sfida le istituzioni

Per i suoi sostenitori, Bolsonaro è «O Mito», il mito della destra conservatrice brasiliana. Per altri, un nostalgico della dittatura militare che durante la sua presidenza (2019-2022) ha messo sotto pressione le istituzioni democratiche, attaccando la stampa, la Corte Suprema e il sistema elettorale. Dopo la sconfitta elettorale subita nel 2022 contro Luiz Inácio Lula da Silva, Bolsonaro ha lasciato il Brasile per rifugiarsi in Florida, proprio due giorni prima della fine del suo mandato. Ma appena una settimana dopo l’insediamento di Lula, il caos ha travolto il paese: l’8 gennaio 2023, migliaia di suoi sostenitori hanno assaltato il Congresso, la Corte Suprema e il palazzo presidenziale a Brasilia, in una replica sudamericana dei fatti di Capitol Hill. Per quell’episodio, Bolsonaro rischia oltre 40 anni di carcere con l’accusa di cospirazione e istigazione alla sovversione dell’ordine democratico.

Il giudizio imminente

Il passato del leader brasiliano pesa sul suo presente: dalle dichiarazioni choc sul regime militare («l’errore fu non uccidere»), alla gestione negazionista della pandemia, passando per le sue posizioni misogine, omofobe e anti-ambientaliste, Bolsonaro ha costruito il proprio successo alimentando un’identità forte, polarizzante, capace di intercettare le paure e il conservatorismo crescente del Brasile. Il suo rapporto privilegiato con le chiese evangeliche e i lobbisti dell’agrobusiness gli ha garantito una base elettorale solida, sebbene sempre più sotto assedio giudiziario. Oggi Bolsonaro è già ineleggibile fino al 2030, a causa delle sue dichiarazioni infondate contro le urne elettroniche. Ma il processo che si aprirà nelle prossime settimane potrebbe segnare definitivamente la fine del suo percorso politico. Oppure, in caso di assoluzione, rilanciare il suo ritorno come vittima della giustizia politicizzata.

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