Sorteggio in diretta TV per i vertici Rai: la proposta anti-politica per attuare il Media Freedom Act – L’intervista


Il pluralismo radiotelevisivo è al centro del nuovo Regolamento europeo sul pluralismo dei media, l’EMFA (European Media Freedom Act), approvato nel 2024 e che entrerà in vigore da venerdì 8 agosto. In che cosa consiste? L’Italia si è già mossa per adeguarsi alle richieste europee? Ne abbiamo parlato con Ruben Razzante, Professore di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica, così come abbiamo discusso della sua proposta: sorteggiare in diretta TV i vertici RAI da un elenco di candidati selezionati per merito e privi di legami politici.
Professore, partiamo dall’inizio: cosa comporta in termini pratici il regolamento europeo?
Il regolamento impone l’indipendenza editoriale del servizio pubblico radiotelevisivo da ogni forma di ingerenza politica o economica, al fine di rafforzare la democrazia nell’ecosistema mediatico dell’Unione. Che cosa vuol dire? Adeguare le legislazioni, che disciplinano la tv pubblica, e stabilire delle regole che possano proteggere i giornalisti da interferenze politiche, garantire trasparenza, impedire che le piattaforme online censurino arbitrariamente contenuti ritenuti scomodi dai governi in carica, e soprattutto far sì che i vertici delle aziende siano scelti con criteri trasparenti e indipendenti, con mandati stabili e non revocabili senza giusta causa. Non è giusto mandare via una persona che ha tutti i requisiti ed è magari anche un bravo manager, se questa persona si mette di traverso rispetto al pensiero e ai metodi del governo. Bisogna sganciare queste nomine dalla politica.
Qual è la situazione in Italia?
Oggi siamo ancora legati alla legge 220 del 2015, approvata durante il Governo Renzi, che aveva introdotto la nomina governativa dell’amministratore delegato, al quale ha dato sostanzialmente pieni poteri. Ha accentrato la gestione della RAI nelle mani del Governo svuotando i poteri della Commissione di Vigilanza RAI, quindi di fatto depotenziando il Parlamento e riducendo gli spazi del pluralismo radiotelevisivo.
Quindi, l’attuale situazione non risponde affatto alle richieste del Regolamento.
Il sistema attuale crea un deficit di pluralismo, ma soprattutto una mancanza di rappresentanza. Le maggioranze parlamentari, spesso elette con l’astensione della metà degli elettori, non rappresentano l’intero Paese e non rispecchiano la maggioranza dell’opinione pubblica. Ricordiamo che tutti i cittadini, anche quelli che non votano, pagano il canone. Dunque, la politicizzazione della Rai rappresenta un problema di democrazia. Il regolamento europeo vuole proprio rompere questo meccanismo, imponendo che le nomine, per esempio del Consiglio d’amministrazione della RAI, non siano più legate al potere politico.
Ci sono proposte per rispondere al nuovo regolamento?
Sganciare la politica dalla RAI non vuol dire tornare alla situazione pre-Renzi, cioè tornare ad affidarsi al Parlamento anziché al governo. Anche nel periodo precedente alla legge del 2015 abbiamo l’esperienza di una RAI politicizzata. Ci sono alcune proposte, presentate dalle opposizioni, che prevedono l’istituzione di organismi terzi o fondazioni, che però hanno sempre dei membri di nomina politica. È il classico gioco delle scatole cinesi, dove si introducono nuovi organismi che sembrano autonomi, ma che in realtà non lo sono affatto.
Il regolamento europeo fornisce indicazioni specifiche su come attuare questa riforma?
No, il regolamento non entra nel dettaglio dei meccanismi. Impone un risultato, l’indipendenza. Non esiste una ricetta valida per tutti gli Stati membri. C’è bisogno di un meccanismo che, fin dalla radice, possa essere rispettoso del pluralismo. Penso che l’unico modo per garantire che la RAI sia lo specchio fedele del pluralismo sociale, cioè della società nella sua struttura composita e variegata, sia il sorteggio.
Arriviamo al sorteggio. Lei ha una proposta che qualcuno potrebbe descrivere come una provocazione. Lo è? Ce la spiega?
Non è una provocazione. Propongo un sistema di sorteggio pubblico, in diretta televisiva, da un elenco nazionale di candidati con requisiti professionali rigorosi, senza alcun rapporto con il mondo della politica, persone al di sopra delle parti e verificate da enti terzi. Chi verrà estratto non dovrà dire grazie a nessuno e non dovrà vincolarsi a una posizione politica. Nessuno potrà dire che “quel nome è stato messo lì da un partito”. Ci si potrebbe servire anche di qualificate società di head hunting per stilare gli elenchi degli “idonei” e lo stesso meccanismo, senza esautorare il Consiglio d’amministrazione, potrebbe essere applicato alla selezione dei direttori di rete e dei telegiornali.
Quindi secondo lei il sistema del sorteggio è in grado di garantire indipendenza?
Credo che le forze politiche dovrebbero seriamente interrogarsi su questa possibilità, così come dovrebbero valutare i dati che sono stati presentati dal Presidente dell’AGCOM nella sua Relazione annuale e che per la prima volta dicono che la televisione non è più il principale mezzo di informazione degli italiani. Si interroghino anche sul progressivo scadimento della qualità della programmazione radiotelevisiva.