Ponte sullo Stretto, l’angoscia di chi rischia di perdere la casa: «Così puntiamo a bloccare questa idea per sempre» – Le interviste


«Io qua non mi sento mai sola, sa? Anche ora che mio marito non c’è più. Ho lo stretto di Messina che mi fa compagnia. La luna che sorge sulla Calabria, Reggio tutta illuminata. Lo sa quanto è bella? Capisce cosa può significare per me andarmene da qui?». Fiorella, 85 anni, vive affacciata sul mare che separa la Sicilia dalla Calabria e la sua abitazione è una delle circa 400 a rischio esproprio se i cantieri per la costruzione del Ponte sullo Stretto dovessero davvero partire. Mercoledì, 6 agosto, il Cipess ha dato il via libera definitivo al progetto: per il ministro Matteo Salvini «un grande traguardo», per chi vive qui, il ritorno di un vecchio incubo: «Una spada di Damocle», ripetono. Anche se nulla è ancora ufficiale – manca infatti la bollinatura della Corte dei Conti e la Commissione Europea deve ancora pronunciarsi su possibili violazioni di procedure e della direttiva Habitat – la tensione è alta. Sono attesi ricorsi, ma intanto, ai due estremi dove dovrebbero sorgere i piloni di oltre 400 metri, ci sono vite sospese, in attesa di sapere cosa succederà davvero. «Dove andremo a vivere?», chiedono. Abbiamo parlato con loro.
«Una casa che ricorda i momenti felici della mia vita»
Fiorella, che insieme ad altri cittadini con cui abbiamo parlato fa parte del gruppo No Ponte di Capo Peloro, a Messina, è vedova da dieci anni. «Sono nata a Reggio Calabria, ma vivo qui da 50 anni e ho deciso di restarci anche dopo la morte di mio marito. È venuto a mancare dieci anni fa». Per Fiorella, quella casa affacciata sullo Stretto, con il suo giardino un tempo pieno di piante di limone profumato, «ricorda gli anni più belli della mia vita, quelli trascorsi con mio marito». Ora i suoi figli vivono a Reggio Calabria, e con sconforto ammette che, se i cantieri dovessero partire, sarebbe costretta a tornare lì. «L’idea che qualcuno possa impormi di lasciare la mia casa e il posto che amo non la accetto. Non accetto che altri decidano per me. Io questo posto lo amo e l’ho scelto».
Il faraonico pilastro nel cortile di casa
Fiorella, come anche Cettina, 74 anni, è tra quelle persone che avevano già preso parte alle battaglie No Ponte ai tempi del governo Berlusconi. «Ho comprato questa casa 25 anni fa. Ricordo ancora la gioia del giorno in cui ho firmato il contratto dal notaio – racconta Cettina – ma appena uscita dall’ufficio incontrai un amico di mio figlio che mi disse: “Signora, ma lei ha comprato casa proprio dove vogliono costruire il pilastro del Ponte di Messina?”. Si immagini come mi sono sentita». Cettina vive in zona Margi, un’area dove oggi sorge un residence, ma che un tempo era un lago, poi bonificato. Secondo le carte, proprio nel cortile della sua casa verrebbe piantato uno dei colossali pilastri del Ponte.
Le gallerie e le case a rischio crollo
«È un tormento continuo – prosegue – Ci parlano di progresso e sviluppo, ma quale progresso è quello che distrugge due città?» Perché non si parla solo di un ponte. Parlando di collegamenti, il progetto prevede 40 km di raccordi viari e ferroviari (l’80% dei quali sviluppati in galleria) che collegheranno il Ponte, dal lato Calabria, all’autostrada del Mediterraneo e alle stazioni ferroviarie di Villa S. Giovanni e Reggio Calabria e, dal lato Sicilia, alle autostrade Messina-Catania e Messina-Palermo nonché alla nuova stazione di Messina. Secondo gli esperti, sarebbero centinaia le abitazioni a rischio di subsidenza, cioè di cedimento del terreno, proprio a causa della vicinanza a queste gallerie. «Io ho 74 anni. Vivo qui con mio marito, mentre mio figlio abita a Palermo. Dovrei andare a vivere altrove? Ma dove si può comprare una casa? A Messina non si potrà più vivere. Ci stanno rendendo la vita un inferno. E chi ci pagherà i danni morali?»
«Non ci permettono di vivere serenamente»
Ma c’è chi, pur nel dolore e nell’incertezza, non si lascia abbattere dall’idea di dover lasciare la propria casa. «Io non ci credo, non penso che avverrà davvero – dice Mariolina, 75 anni – Ci sono troppi imbrogli e criticità che verranno fuori. Siamo in mano agli avvocati». Con sicurezze dice di «non essere preoccupata, ma arrabbiata» perché «non ci permettono di vivere serenamente. E tra dieci anni ci sarà qualcun altro che riproporrà lo stesso progetto. E si ripartirà con la solita tarantella».
Far riconoscere lo Stretto come patrimonio Unesco
Mariolina racconta che nel suo condominio vive una famiglia con due persone gravemente disabili: «Come faranno? I disabili, quando devono essere spostati, devono trovare una soluzione simile a quella in cui hanno vissuto. Ma come la trovi? Chi li aiuta? Come si fa? Non ce la facciamo più a vivere con questa spada di Damocle sopra la testa». Ma ora c’è un obiettivo comune che sta unendo i cittadini che vivono nelle due città affacciate sullo Stretto: «Il nostro scopo è farlo riconoscere come Patrimonio dell’Umanità, così non potrà più essere toccato. E ci lasceranno finalmente in pace».