I coniglietti di cioccolato della Lindt traslocano negli Stati Uniti: la mossa dell’azienda svizzera per aggirare i dazi di Trump


I coniglietti della Lindt, la società svizzera produttrice di cioccolato, potrebbero traslocare presto negli Stati Uniti. Lo riporta Bloomberg, secondo cui l’azienda starebbe valutando di spostare la produzione sul suolo statunitense per evitare di incappare nei dazi al 39% minacciati da Donald Trump nei confronti delle aziende elvetiche. Una prima ipotesi a cui aveva lavorato Lindt prevedeva di far partire le spedizioni verso il mercato americano dalla Germania: anche in quel caso, però, la merce sarebbe stata soggetta a dazi doganali del 15%, l’aliquota applicata per tutti i Paesi dell’Unione europea.
L’ipotesi di spostare la produzione negli Usa
Contattato da Bloomberg, un portavoce della Lindt non ha confermato direttamente l’indiscrezione di voler traslocare parte della produzione negli Stati Uniti ma ha lasciato intendere che la direzione in cui potrebbe muoversi l’azienda è proprio quella: «Stiamo lavorando costantemente per rendere la nostra produzione e le nostre catene di approvvigionamento interne più efficienti, tenendo conto dell’attuale situazione tariffaria. Questo include la verifica di quali prodotti vengono fabbricati, in quali siti produttivi e per quali mercati».
Un piano da 10 milioni di dollari
Nel 2024, gli affari di Lindt negli Stati Uniti – che ad oggi rappresentano il più grande mercato al mondo per i produttori di cioccolato – sono cresciuti del 4,9%, raggiungendo 843 milioni di dollari di fatturato. L’azienda svizzera ha valutato per anni ulteriori investimenti sul suolo americano e il piano a cui starebbe lavorando in questo momento prevederebbe una spesa fino a 10 milioni di dollari per produrre negli Usa non solo i celebri coniglietti di cioccolato ricoperti di carta color oro, ma anche i Babbi Natale e altre figure.
Le altre mosse dell’azienda svizzera per aggirare i dazi
Ma le tensioni commerciali scatenate da Trump stanno spingendo Lindt a fare altre operazioni di riordino. In primis, lo spostamento della produzione destinata al mercato canadese dallo stabilimento di Boston, quindi negli Stati Uniti, alle fabbriche europee. L’obiettivo, anche qui, è aggirare i dazi: in questo caso, quelli di ritorsione imposti dal Canada agli Usa.