Federica Sciarelli, l’ossessione su Garlasco: «Non è sano pensare dalla mattina alla sera agli omicidi». Gli inizi e il padre: «Vuoi fare la giullare»


Quando il mercoledì sera si spengono le luci dello studio di Chi l’ha visto? e l’Italia inizia a parlare dei casi di scomparsa che il programma porta alla luce, Federica Sciarelli fa quello che in tanti non si aspetterebbero: stacca davvero. «Finito di lavorare, io chiudo tutto e vado sui pattini», racconta in un’intervista rilasciata al settimanale 7 del Corriere della Sera. Un vero e proprio capovolgimento rispetto all’ossessione collettiva per la cronaca nera, che in questi anni non accenna a diminuire: «Persino quando porto giù il cane mi chiedono che cosa penso del caso di Garlasco. Ma non è sano pensare dalla mattina alla sera agli omicidi», avverte. Eppure, paradossalmente, è proprio questa attenzione senza tregua che alimenta il successo del programma, al quale Sciarelli ha impresso un’identità precisa in oltre vent’anni di conduzione: «Mia sorella mi dice “Federica, sembra che eri a fare i piatti fino a due minuti prima”, ma io lavoro fino a pochi minuti prima di entrare in studio» continua, «la costumista mi rincorre ricordandomi di togliere le scarpe da tennis».
Gli esordi, dal lavoro in Senato «una noia mortale» al Tg3
«Il giornalismo è arrivato per caso», ricorda Sciarelli ricordando i dubbi in famiglia sulla carriera che voleva prendere. «Vuoi lasciare un posto d’oro per fare il giullare?» le disse il padre. Dopo una borsa di studio in Rai andata a vuoto, ripiegò su un concorso all’ufficio informazioni del Senato: «Otto anni utili, ma una noia mortale». Quando le si propose l’occasione del praticantato con una borsa di studio in Rai, il padre provò a dissuaderla con quella frase. Ma lei mantenne la sua posizione: «Gli dissi “sono scelte difficili, se fai così sto peggio”». Il giorno dopo la richiamò: «Non ti preoccupare – disse il padre – se va male vieni qui e facciamo le passeggiate».
La svolta arrivò con il Tg3, sotto la direzione di Sandro Curzi: «Al tempo delle dirette parlamentari, gli dicevo: tu preferisci un analfabeta uomo a una donna. Alla fine mi mandò come inviata politica in giro per il mondo». Poi il grande passo verso Chi l’ha visto?, un programma in cui la conduttrice credeva di restare per non più di due anni: «Poi ho capito che, da qui, potevo aiutare di più. È bello prendere lo stipendio per dare una mano agli altri». Non solo scomparse e appelli: sotto la sua guida il programma è diventato un istituzione in grado di essere ascolatato anche nelle aule parlamentari: «Siamo stati chiamati in Parlamento per il disegno di legge sugli scomparsi. Perché se a sparire è una persona devi aspettare 48 ore per la denuncia, mentre per un motorino no?».
La svolta con il caso di Elisa Claps
Negli anni Sciarelli con il suo programma è diventata il volto di storie rimaste nella memoria del paese. Su Elisa Claps ha combattuto contro scetticismi e querele: «Ero certa che Danilo Restivo l’avesse uccisa. Chiesi alla famiglia il permesso di iniziare a parlare di omicidio con occultamento di cadavere. Quando, diciassette anni dopo, il corpo fu trovato in chiesa, lo schema di pensiero finalmente cambiò». Sul caso Orlandi non usa giri di parole: «Emanuela era cittadina vaticana. Doveva essere il Vaticano a prendere in mano la situazione, aprendo un’inchiesta. Non è stato fatto». Ma ci sono anche le storie più recenti, come quella di Villa Pamphili: «La madre di Anastasia, dalla Siberia, pensava che la figlia vivesse con un americano nel cinema. In realtà stava per strada. Siamo riusciti ad aiutare i genitori a venire in Italia, ma poi è emersa la tragedia. Le segnalazioni c’erano, ma la bambina non è stata messa in sicurezza».
«Abituarsi al male è la vera sconfitta»
Nonostante la durezza dei casi, il registro di Sciarelli resta dinamico: «Incontro i parenti prima della diretta, sono a pezzi ma riesco sempre a strappargli una risata. Uno deve comunque vivere». Il suo sguardo è sempre rivolto all’equilibrio: non farsi sopraffare dal dolore, ma nemmeno normalizzarlo. «Mi stupisco tantissimo e mi arrabbio. Proprio perché mi indigno spero scatti negli altri qualcosa di simile. Abituarsi al male è la vera sconfitta». L’equilibrio lo si ritova anche staccando dai casi: «Da piccola ho fatto ateletica, mi ha reso resistente, ora vado in bici». E per un programma che Sciarelli definisce «sociale», e che continua a registrare ottimi ascolti, non è pensabile andare in vacanza: «ho voluto che Chi l’ha visto? non chiudesse mai del tutto. Sennò uno, che già ha la disgrazia di scomparire, se sparisce in estate è disgraziato due volte»