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Il commissario Ue Kubilius: «Il 40% dei voli in Europa è a rischio interferenze russe. Sì, gli ospedali si devono preparare alla guerra» – L’intervista

23 Settembre 2025 - 17:21 Gianluca Brambilla
Il commissario lituano a Open: «Sullo scudo europeo seguiamo l’esempio di Israele con l’Iron Dome. La smilitarizzazione di Hamas è anche un nostro obiettivo»

Complici il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca e i venti di guerra che sembrano soffiare ogni giorno più forte, l’Europa si ritrova a dover affrontare una sfida quasi del tutto inedita: imparare a difendersi da sola. Gli appelli al «riarmo» – termine che è poi stato sostituito con un ben più neutro «prontezza» (preparedness, in inglese) – sono diventati un vero e proprio mantra per la Commissione europea, che da mesi non manca occasione di sottolineare quanto sia fondamentale aumentare drasticamente le spese militari per farsi trovare pronti di fronte a eventuali attacchi russi o minacce di altro genere. Il delicato (e impopolare) compito di ampliare l’industria europea della difesa ricade sulle spalle di Andrius Kubilius, ex premier lituano e oggi commissario Ue per la Difesa e per lo Spazio. «Diversi servizi segreti europei ritengono che la Russia potrebbe attaccare l’Europa nei prossimi tre o quattro anni», dice in questa intervista a Open.

I problemi con il Gps sull’aereo con a bordo lei e Ursula von der Leyen, lo sconfinamento dei droni russi in Polonia, i caccia in Estonia e oggi anche i droni negli aeroporti di Oslo e Copenhagen. La Russia sta davvero pensando di attaccare l’Europa?

«Beh, forse c’è bisogno di una risposta distinta alle diverse parti della sua domanda. Innanzitutto, le interferenze del segnale Gps stanno diventando un problema molto diffuso, una sfida e una minaccia in tutti i cieli europei. Quando volavamo con la presidente della Commissione, abbiamo affrontato problemi di questo genere. Non sappiamo se le interferenze fossero mirate specificamente al nostro aereo o se interessassero l’intera zona, ma ad oggi circa il 40% dei voli in Europa attraversa aree disturbate da apparecchiature russe. Si tratta di un fenomeno davvero di ampia portata».

E per quanto riguarda le altre provocazioni russe?

«Stiamo affrontando caso per caso le intrusioni in Polonia, Lituania, Romania e altri Paesi. Si tratta di provocazioni che la Russia sta facendo deliberatamente, probabilmente per testare la nostra risposta e le nostre capacità di difesa, che vanno rafforzate molto presto. Ecco perché abbiamo iniziato a parlare del cosiddetto “muro dei droni” al confine che divide l’Unione Europea da Russia e Bielorussia».

Quindi c’è davvero la possibilità che Putin attacchi l’Europa nel prossimo futuro?

«Posso solo ricordarle che i servizi segreti di Germania, Polonia, Danimarca e Paesi Bassi stanno affermando pubblicamente che, secondo la loro valutazione, la Russia può essere pronta ad attaccare l’Europa per testare l’Articolo 5 della Nato nei prossimi tre o quattro anni. È per questo che stiamo accelerando la nostra prontezza difensiva ed è per questo che la nostra strategia guarda al 2030. È il momento di fare i compiti e colmare le carenze delle nostre capacità di difesa».

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EPA/Ronald Wittek | Ursula von der Leyen mentre pronuncia il discorso sullo stato dell’Unione al Parlamento europeo di Strasburgo, 10 settembre 2025

Nel suo discorso sullo stato dell’Unione, Ursula von der Leyen ha affermato la necessità di dotarsi di un «muro di droni». Eppure, ad oggi l’Europa non dispone dei droni necessari per proteggersi da quelli russi e intercettarli. Quando si riuscirà a colmare questo gap?

«Dobbiamo mettere a punto piani regionali congiunti. È ciò di cui discuteremo molto presto con i ministri dei ventisette Paesi, compresi i rappresentanti e i ministri dell’Ucraina, da cui possiamo imparare molto. I radar che abbiamo installato per difendere il nostro spazio aereo da missili o caccia non sono sempre efficaci quando si tratta di rilevare i droni. Per distruggere i droni, oggi, sono necessarie tre cose: intercettori anti-drone, capacità di guerra elettronica e capacità tradizionali, come l’artiglieria Zenit, in grado di abbattere i droni».

Possiamo immaginare uno scenario in cui l’Ucraina, che ha ricevuto molti aiuti militari dall’Europa in questi quattro anni, potrà restituire il favore contribuendo a rafforzare la difesa europea?

«Certamente, a partire proprio dal “muro di droni” di cui ha parlato la presidente von der Leyen. Vogliamo davvero che l’Ucraina faccia parte di questo piano, perché il loro know-how è fondamentale. E lo stesso vale per altri settori dell’industria della difesa. L’Ucraina è riuscita ad aumentare la produzione dell’industria della difesa da 1 miliardo di euro nel 2022 agli attuali 35 miliardi di euro. Quest’anno, inoltre, è riuscita a produrre milioni di droni. Quindi sì, ci sono molte cose che dobbiamo imparare. E possiamo già dire che noi stiamo supportando l’Ucraina e l’Ucraina sta supportando noi. Ecco perché stiamo cercando di creare nuove iniziative e piattaforme congiunte».

Passiamo al tema dell’opinione pubblica. Nei Paesi del Sud Europa, Italia compresa, molti cittadini restano scettici sulla necessità di aumentare le spese militari. Come se lo spiega?

«I Paesi del Mediterraneo sono più distanti dalla Russia e forse hanno la sensazione che sia così lontana da non poterli toccare. Ma in realtà, se adottiamo uno sguardo più geopolitico, scopriamo che la Russia si trova anche nel Mediterraneo, in Nord Africa. Ecco perché non mi sorprende che i governi di Italia, Spagna e Francia abbiano deciso di accettare una quantità considerevole di cosiddetti “prestiti sicuri” per investire nello sviluppo delle capacità di difesa. L’Italia, peraltro, ha un’industria della difesa e un’industria spaziale davvero forti».

In che modo quegli investimenti possono aiutare anche l’economia?

«Aiutando a sviluppare la competitività. Una delle ricette contenute nel rapporto di Mario Draghi è molto chiara: gli investimenti nell’industria della difesa e nell’industria spaziale possono portare grandi benefici e contribuire allo sviluppo di un’economia competitiva. Questo significa investimenti in nuova produzione, investimenti in nuove fabbriche, investimenti nella creazione di nuovi posti di lavoro e così via. L’Italia è in una buona posizione per investire nella propria industria della difesa e rafforzare la sua forte posizione di leadership».

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EPA/Steven Knap | La polizia e l’intelligence danesi ispezionano un’area vicina all’aeroporto di Copenhagen in cerca dei resti di un drone, 23 settembre 2025

La Francia, secondo alcuni media nazionali ed europei, ha ordinato agli ospedali di farsi trovare pronti per un’eventuale guerra entro marzo del 2026. Pensa che tutti i Paesi europei dovrebbero iniziare a discutere misure simili?

«La prontezza alla difesa non richiede solo armi e personale militare addestrato, ma anche preparare la società civile a qualsiasi evenienza. È quanto ha scritto anche l’ex presidente finlandese Sauli Niinistö nel suo rapporto, che è diventato poi la base per la strategia Readiness 2030 dell’Ue. È importante prestare molta attenzione a tutti i diversi servizi necessari alla società, soprattutto in caso di aggressione bellica, e gli ospedali ne fanno parte. Se si guarda all’esperienza finlandese, per esempio, lì hanno sempre avuto questo tipo di preparazione nei loro ospedali e negli altri servizi pubblici. Dobbiamo imparare a fare come loro».

Alcuni gruppi politici chiedono alla Commissione europea di prendere in considerazione un embargo sulla fornitura di armi a Israele. In che modo questo influenzerebbe il piano europeo per potenziare le capacità di difesa?

«Innanzitutto, non è una questione di mia competenza, perché si tratta di politica estera e di ciò che è necessario attuare per portare la pace in Medio Oriente, che è stato sconvolto dall’aggressione di Hamas del 7 ottobre. Israele ha tutto il diritto di difendersi e di fare in modo che il terrorismo non rappresenti un pericolo per i suoi cittadini. Non dobbiamo dimenticare che la smilitarizzazione di Hamas è uno degli obiettivi principali che dobbiamo raggiungere. Detto questo, non posso dire nulla sull’embargo. Noi siamo concentrati su come sviluppare la nostra industria della difesa, di cui conosciamo i punti deboli. Dobbiamo imparare da altri Paesi. Per esempio, quando parliamo dello scudo di difesa che io chiamo «Cupola europea», uno degli esempi da seguire è sicuramente l’Iron Dome di Israele oppure l’iniziativa degli Stati Uniti per sviluppare la cosiddetta Golden Dome».

armi israele europa intervista kubilius
X/IDF | Le operazioni militari israeliane a Gaza in una foto postata sui social dall’Idf, 19 settembre 2025

Foto copertina: EPA/Olivier Hoslet | Andrius Kubilius, commissario europeo alla Difesa e allo Spazio

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