Giorgio Parisi, il premio Nobel per Gaza: «Stop armi a Israele, il governo non deve fingere di fare qualcosa»


Il premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi non ha potuto partecipare alle manifestazioni per Gaza per motivi di salute. Ma all’assemblea pubblica di #NoBavaglio “Contro il genocidio a Gaza, guerre e riarmo” alla Città dell’Altra Economia di Roma dice che la mobilitazione «è stata un enorme successo. E manda un messaggio chiaro al governo: bisogna «fermare la guerra e le armi e non fare solo qualcosa di cosmetico, fingere di fare qualcosa, ma muoversi a tutti i livelli per incidere veramente».
Le proposte
Parisi ha un lungo elenco di proposte: «Stop all’export di armi a Israele, diffondere le voci di israeliani contro Netanyahu, rescindere ogni contratto commerciale con Israele in base all’art. 2 dell’accordo con l’Ue che impone a Tel Aviv di rispettare i diritti umani e sanzioni vere contro quelle arbitrarie contro Francesca Albanese e la Cpi». Con lui ci sono Moni Ovadia, Tomaso Montanari, Domenico Gallo e Raffaella Bolini, vicepresidente Arci e Campagna “Stop Rearm Europe”. In un colloquio con Il Fatto Parisi dice che «la sinistra e le opposizioni hanno sempre questa difficoltà. Quello che devono fare è parlare con la gente di quello che succede. Parlare, parlare, parlare. Ma bisogna anche avere inventiva e, dal basso, nonostante il controllo dei media stia dall’altra parte, far passare le informazioni anche in assemblee come questa».
I rapporti scientifici
Parisi però non crede che si debbano concludere le collaborazioni scientifiche: «I rapporti scientifici secondo me sono l’ultima cosa che dovrebbe essere interrotta. La prima cosa da fermare sono i rapporti commerciali e la vendita di armi da parte della Comunità europea. E solo se questo non bastasse, arrivare a tagliare i rapporti scientifici. Mi ricordo che li abbiamo tenuti in piedi anche dopo il 1968 con la Russia dopo l’invasione della Cecoslovacchia». E secondo lui devono proseguire anche con la Russia di oggi, nonostante l’invasione dell’Ucraina. Perché «permettono alla gente di capirsi. Esistono anche ricerche scientifiche cosiddette dual use, che sviluppano cioè prototipi utilizzabili anche in campo militare. Certo, va bloccato immediatamente tutto ciò che ha anche solo il profumo di essere militare e certamente la vendita delle armi a Israele».
Le armi a Israele
Anche l’Italia continua a venderne, «anche se l’1%. La Germania il 30%. Seconda dopo gli Stati Uniti che fornisce a Israele il 70% dell’import di armi. Né Berlino da sola né l’Italia fermeranno questo commercio. Perciò bisogna intervenire a livello comunitario con un embargo europeo. Fare di tutto per colpire negli aspetti che sono davvero importanti e rilevanti per Israele. Anche boicottare il commercio, ma non le industrie israeliane, bensì quelle italiane che hanno scambi significativi con Israele, pari a 15 miliardi di euro. Bisogna spingere i governi a farlo».
Il genocidio
Sulla parola “genocidio” a Gaza Parisi è prudente: «Secondo me la cosa più importante è fare una coalizione di tutti coloro che pensano che Israele stia commettendo crimini di guerra. Anche coloro che sono restii a usare il termine genocidio. Venisse condannato Netanyahu all’ergastolo con condanna eseguita, non mi interesserebbe se fosse per genocidio o per crimini di guerra». La chiusura è sulla Global Sumud Flotilla, nel frattempo attaccata anche stanotte da droni: «È un’iniziativa importante e spero vada avanti».