Flottilla, l’eurodeputata Scuderi e il no a lasciare gli aiuti a Cipro: «Vogliamo rompere il blocco e consentire anche ad altri soccorsi di arrivare» – L’intervista


«Per noi la protezione della fregata militare non sarebbe nemmeno necessaria se Israele rispettasse il diritto internazionale. La responsabilità non è nostra, che siamo in acqua, ma di Israele, che ci attacca». A parlare con Open è Benedetta Scuderi l’eurodeputata di Alleanza verdi e sinistra che è a bordo su una delle barche della Global Sumud Flotilla, la spedizione umanitaria internazionale composta da oltre cinquanta imbarcazioni partite da diversi porti del Mar Mediterraneo che prosegue il proprio viaggio verso Gaza. L’obiettivo della missione è raggiungere la Striscia per consegnare aiuti umanitari e rompere il blocco navale imposto da Israele. Ma negli ultimi giorni la situazione è degenerata: alcune navi sono state colpite nel cuore della notte con bombe sonore, droni, spray urticanti e altro materiale non identificato mentre navigavano in acque internazionali a sud di Creta. Intanto il governo ha attivato delle misure di sicurezza, inviando la fregata militare Fasan, che verrà presto sostituita dalla nave Alpino. Ma la Flottilla ha già rifiutato la proposta ricevuta ieri dall’Esecutivo relativa a una possibile deviazione degli aiuti in direzione Cipro, per poi farli arrivare a Gaza con il coinvolgimento del patriarcato latino di Gerusalemme. Ne abbiamo parlato con Scuderi.
Innanzitutto, come state?
«Stanchi. L’altra notte ci siamo molto spaventati. Ieri sera abbiamo navigato in acque territoriali di Creta per evitare problemi particolari e ora stiamo capendo i prossimi passi».
Dove vi trovate in questo momento?
«Siamo a Creta. Abbiamo allungato un po’ il percorso perché ci siamo fermati ad aspettare la flotta greca e a far riparare i danni subiti da alcune barche durante gli attacchi dell’altra notte».
Come vi state organizzando a bordo per monitorare la situazione, anche durante le ore notturne?
«A bordo siamo in nove. C’è una persona al timone e diverse persone che si occupano della sorveglianza. Facciamo i turni e manteniamo contatti continui con tutte le imbarcazioni, comunicando tramite radio e i vari gruppi di messaggistica».
Perchè avete deciso di rifiutare la proposta di una possibile deviazione degli aiuti in direzione Cipro?
«Per noi il senso della missione è creare un corridoio umanitario permanente. Vogliamo garantire l’applicazione del diritto umanitario internazionale, che considera illegale il blocco navale, e soprattutto assicurare l’arrivo degli aiuti umanitari direttamente alle persone che ne hanno bisogno. Attualmente, invece, gli aiuti sono completamente controllati da Israele, che decide cosa far entrare. Quindi, per noi, il senso della missione non è solo portare qualche aiuto oggi, altrimenti non avremmo organizzato una spedizione così grande. L’obiettivo è creare un corridoio permanente, sapendo, così, che gli aiuti possono arrivare. Sempre».
È una posizione forte, soprattutto considerando che lei – come altri a bordo – ricopre un ruolo istituzionale.
«Chiaramente. Questa però è una decisione che ha preso l’organizzazione. Noi non partecipiamo al processo decisionale. Siamo partecipanti».
La fregata miliatare Fasan è con voi in questo momento?
«Si, ma non nelle acque territoriali. Appena fuori. Ci sta seguendo».
Crosetto ha detto che verrà inviata un’altra fregata, la Nave Alpino.
«Esatto, in sostituzione della Fasan, perché ha altre funzioni che possono essere utili. Dicono».
Non teme che qualcuno del centrodestra possa farvi notare che questa protezione ha un costo?
«La protezione ha sempre un costo. Allora non dovremmo più avere protezione? Come cittadini, paghiamo le tasse per avere dei servizi che lo Stato ci deve garantire. Per noi, inoltre, questa protezione non sarebbe nemmeno necessaria se Israele rispettasse il diritto internazionale. La responsabilità non è nostra, che siamo in acqua, ma di Israele, che ci attacca».
Il Governo dice che nel momento in cui lascerete le acque internazionali, non potrà garantirvi sicurezza.
«In realtà, è abbastanza normale. Noi speriamo però che si intensifichino le pressioni diplomatiche. Le pressioni si possono fare, e noi non stiamo facendo nulla di male».
Questa mattina Crosetto si è rivolto direttamente a voi: «È davvero necessario mettere a rischio la sicurezza dei cittadini italiani per portare aiuti a Gaza?» Come risponde?
«No non è necessario. Chieda a Israele perchè la mette a repentaglio».
Quando arriverete?
«Dipende quando ripartiamo da qui. Più o meno tra i 4 e i 6 giorni. Sperando che non ci siano altri attacchi. Dipende anche dal meteo, dalla rotta».
Cosa chiedete al Governo?
«Chiediamo protezione diplomatica, tutela e pressione su Israele affinché la missione possa andare a buon fine e gli aiuti possano entrare a Gaza. Inoltre, chiediamo sanzioni contro Israele, la sospensione dei rapporti commerciali e la cessazione dell’invio di armi».
Non temete che, alla fine, questi aiuti non arriveranno mai a destinazione?
«Noi speriamo che la nostra pressione, se non farà arrivare questi aiuti, contribuisca a farne arrivare molti altri. Se non arriveranno questi, ne arriveranno il triplo».
Foto in evidenza: Margherita Dametti