Longevità, come ha fatto la signora Maria a festeggiare 117 anni


«Studiami, impara da me» aveva detto Maria Branyas Morera al medico che la seguiva. E così è stato fatto. Per anni campioni di sangue, saliva, urina e feci sono stati prelevati dalla 117enne spagnola morta nel 2024. Svelando così i segreti della sua longevità, pubblicati in uno studio sulla rivista Cell Reports Medicine. Una quotidianità fatta di passeggiate di un’ora e tre yogurt al giorno, che insieme a una serie di caratteristiche fisiologiche le hanno fatto raggiungere l’età da record. Gli studi condotti a Barcellona dal gruppo di ricerca dell’istituto Josep Carreras hanno mostrato come nella donna ci fosse una marcata differenza tra l’età anagrafica e quella biologica. Un corpo più giovane di almeno 23 anni, secondo le stime del responsabile dell’equipe medica, Manel Esteller.
Il super sistema immunitario
La donna poteva contare su un sistema immunitario in grado di «ricordare» le infezioni passate, e allo stesso tempo tutelarsi da reazioni autoimmuni: «Le sue cellule erano ancora molto efficienti nell’attaccare i microrganismi, ma allo stesso tempo non attaccavano i suoi tessuti», ha spiegato Esteller, il ricercatore che ha guidato lo studio. Dopo aver superato la pandemia di influenza del 1918, la donna era guarita dal Covid a 113 anni ed è morta lasciando due figlie ultra novantenni.
Il microbiota intestinale «di un adolescente»
L’intestino può condizionare la vita a tal punto da essere soprannominato il «secondo cervello». Non a caso quello di Maria Morera, confrontato con campioni di altri anziani fino a 91 anni, era più simile a quello di un adolescente che di un ultracentenario. Colesterolo al minimo, così come i trigliceridi, e una flora batterica attiva e in salute. Merito probabilmente dei ben 3 yogurt al giorno che la donna era solita consumare. In più ha sempre detto di non aver mai fumato né bevuto, e di aver camminato un’ora al giorno almeno fino ai 90 anni inoltrati.
Il ruolo dei telomeri
I telomeri sono considerati la sentinella dell’età, perché si accorciano con l’avanzare degli anni accompagnando le cellule alla morte. Si tratta di membrane che rivestono i cromosomi, dove risiede il codice genetico. Quelli dell’ultracentenaria spagnola risultavano compatibili con la sua età anagrafica, ma non con le sue ottime condizioni di salute. Secondo il team di studio potrebbe essere proprio la morte precoce delle cellule ad aver protetto Maria Morera dai tumori. La donna infatti non ne aveva mai sofferto, e tranne un problema di udito non aveva patologie di alcun tipo. La ricerca ha sfruttato anche lo strumento dell’epigenetica, la disciplina che studia l’influenza sulle cellule dell’ambiente e delle singole abitudini. In un ennesimo tentativo di trovare un comune denominatore in chi riesce ad abbracciare la lunga vita.