Chi ha attaccato la Global Sumud Flotilla: il motoscafo, i “piccoli droni” e le granate stordenti


Un report dell’intelligence italiana prova a fare luce sugli attacchi con i droni alla Global Sumud Flotilla. E punta il dito su un motoscafo fermo in acque internazionali. Che avrebbe lanciato granate stordenti tramite gli apparecchi. Nel dossier si parla di droni di piccole dimensioni e con gittata limitata. Che avrebbero lanciato ordigni considerati non letali. Ma in grado di ferire. Intanto il governo italiano pensa a una zona cuscinetto per la Gsf. Ovvero a un filtro navale con l’Italia in prima linea che si frapponga alle unità israeliane. E il ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani si sta spendendo per una mediazione insieme al Vaticano. Per ora rifiutata.
Il report dei servizi segreti
L’Italia ha mandato una nave militare a tutela della Flotilla. Nell’occasione il ministro della Difesa Guido Crosetto ha spiegato in parlamento che però l’imbarcazione non potrà proteggere la Global Sumud Flotilla quando uscirà dalle acque internazionali. Intanto gli attentati con i droni sono sotto la lente degli 007 italiani. Il Fatto Quotidiano fa sapere che sul tavolo di Palazzo Chigi e del sottosegretario Alfredo Mantovano è arrivata la prima informativa sul caso. E mentre i ministri hanno chiamato in causa Israele piuttosto esplicitamente a proposito della sicurezza della Gsf, l’intelligence ha lavorato tra le difficoltà nei rapporti con i colleghi israeliani. Che non sono propensi ad anticipare le loro mosse.
I droni e le bombe sonore
Nel report si parla di droni di piccole dimensioni con gittata limitata. Che fanno pensare a una preparazione non da terraferma. Bensì da un motoscafo che in quel momento poteva trovarsi in acque internazionali. I droni avrebbero lanciato bombe sonore o granate stordenti con un comando da remoto. Tre imbarcazioni hanno subito danni. La Zefiro ha perso lo strallo di prua, ovvero il cavo d’acciaio che tiene insieme la testa dell’albero e la parte anteriore della barca. Gli attacchi dell’8 e del 9 settembre scorso al porto turistico di Sidi Bou Said hanno seguito lo stesso schema. Ora gli occhi dell’intelligence sono puntati sulle acque internazionali. Per capire se la strategia di attacco al fine di intimidire, danneggiare e far ritirare le imbarcazioni della Flotilla si ripeterà ancora. Seguiranno altre informative degli 007 a Palazzo Chigi.
La zona cuscinetto per la Global Sumud Flotilla
Intanto Roma lavora a un filtro navale per la Flotilla. «Faremo di tutto per evitare che qualcuno si faccia male», filtra su La Stampa da ambienti governativi. «Qualora la Gsf dovesse decidere di forzare il blocco israeliano uno degli obiettivi è quello di scongiurare tale eventualità ed evitare possibili conseguenze negative», si legge in un comunicato della Difesa. Ma a Palazzo Chigi c’è la convinzione che Benjamin Netanyahu non cederà. E quindi se la Gsf violerà il blocco si aprirà una crepa politica con l’Italia. C’è anche un’altra allerta dell’intelligence, che punta a nuovi raid con i droni. Serviranno altre 48 ore per arrivare a Cipro e quindi quattro o cinque giorni prima di presentarsi davanti alle acque di Gaza. La zona cuscinetto sarebbe proprio lì. E l’Italia la costituirebbe insieme ad altri paesi europei.
La mediazione italiana
Il ministro e vicepremier Tajani intanto in un’intervista al Corriere della Sera spiega che «forzare il blocco navale di Israele, entrare nelle acque di Gaza è del tutto sconsigliabile. Dobbiamo fare di tutto per non mettere a rischio le vite dei militanti della Flotilla ma, permettetemi, anche dei nostri militari che sono lì a fare un’azione di protezione civile, non a combattere». E torna sulla possibilità di consegnare gli aiuti: «Noi insistiamo: se l’obiettivo è offrire aiuto alla popolazione di Gaza, possiamo trovare modi per portare gli aiuti. È l’unica soluzione possibile per evitare rischi altissimi».
Aiuto civile, non militare
Gli italiani sulla Flotilla sono sensibili agli appelli: «Molti di loro sono più responsabili e capiscono che la situazione può degenerare. Siamo in contatto dal primo giorno con loro, l’Unità di crisi della Farnesina segue passo passo la missione, e la nostra nave militare è lì non per ingaggiare azioni militari con qualcuno, ma eventualmente per dare aiuto se mai fosse necessario. Aiuto civile appunto, non militare. Siamo anche pronti a riportare a casa chiunque lo chiedesse. Ma lo ribadisco: non possiamo rischiare la vita dei nostri militari, comunque la si pensi sulla missione: questo non è in discussione».
I contatti con gli altri governi
Il ministro rivela di aver parlato «con il premier belga, come con i francesi: ci hanno chiesto di assicurare la protezione civile anche per i loro cittadini». Mentre riguardo l’opposizione «ho parlato con Elly Schlein, perché è un tema che riguarda tutti. Vedo che anche dal Pd arriva la richiesta di non chiudere sulla mediazione, è quello che diciamo anche noi. Siamo tutti preoccupati, per questo abbiamo detto che vanno abbassati i toni. Una cosa è la polemica politica, altra la violenza verbale. Fino ad oggi hanno utilizzato un linguaggio pericoloso, mi auguro che le cose cambino. Avete visto cosa scrivono anche sulla premier Meloni? Invito tutti a frenare il linguaggio e soprattutto a smetterla con l’additare il governo italiano come responsabile di fatti di sangue».