Giovanni Allevi: «Le statistiche mi danno 2 anni di vita, ma io vivrò fino a 95»


Giovanni Allevi è ancora sotto flebo per il mieloma che l’ha colpito. Ma sa come rallegrarsi: «È un momento bellissimo quando alla fine di una infusione (la mia ventitreesima!!) ti portano il budino al cioccolato», ha scritto su Instagram. Non si tratta di chemioterapia: «È un farmaco potente ed efficace per la cura delle ossa. No, è un’altra cosa. Mi fa stare male per 10 giorni, sbarellato direi, come se avessi la febbre. Anche il dolore alle ossa aumenta. Ma l’effetto è quello di rinforzare il tessuto osseo», spiega al Corriere della Sera.
La forza e i sorrisi
Quella che ha, dice Allevi, «è una forza che ricevo anche dagli altri pazienti in quello che per me è un luogo sacro: la sala d’accettazione all’Istituto dei tumori. Una stanza grandissima con tanti guerrieri. Ci aiutiamo, ci abbracciamo». E sul futuro: «Secondo le statistiche io ho davanti due anni ancora, ma prometto che festeggerò i 95 anni, perché non credo alle statistiche». E ancora: «In questi 3 anni mi sono chiesto cosa significhi vivere pienamente. Significa vedere e vivere tutto con uno sguardo diverso, focalizzare l’attenzione sul presente senza che sia inquinato da aspettative future e da ricordi del passato».
Back to life
Allevi spiega che «il momento della diagnosi è devastante, crollano tutte le certezze e si sperimenta una solitudine profonda, abissale. Non c’è parola che ti possa confortare, ma la dottoressa che mi ha comunicato la diagnosi ha aggiunto una frase che è stata un’àncora alla quale mi sono attaccato: “La diagnosi è il primo passo verso la guarigione”». A ottobre verrà presentato alla Festa del Cinema di Roma, «Allevi – Back to Life» (al cinema dal 17 novembre, con l’uscita anche della colonna sonora), un docufilm: «Da tempo c’era l’idea di realizzare un documentario sulla mia esperienza artistica, ma non ero convinto perché negli ultimi anni mi sento come fossi un gatto sotto la credenza. Poi la malattia mi ha catapultato in un’altra dimensione e ho capito che questo film possiede una forte valenza sociale. Allora vale la pena uscire da sotto la credenza».