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Argentina, il “miracolo” di Javier Milei verso il capolinea?

06 Ottobre 2025 - 07:12 Alessandro D’Amato
javier milei motosega
javier milei motosega
Il saldo della bilancia dei pagamenti torna in rosso. Il deficit in crescita, trainato dagli interessi sul debito. E gli Usa scendono in campo. Puntando alle terre rare di Buenos Aires

Ci risiamo. Anche con il cambio (radicale) del direttore d’orchestra, la musica argentina rimane uguale. E il presidente Javier Milei, che aveva addirittura promesso la parità tra peso e dollaro, è di nuovo nei guai. Tanto da dover chiedere l’intervento diretto degli Usa. Washington ha annunciato una linea swap da 20 miliardi di dollari e la disponibilità ad acquistare bond in valuta estera. L’annuncio ha fermato la fuga dal peso. Ma a Buenos Aires la paura di una nuova svalutazione è palpabile.

20 mesi di Milei

La Stampa racconta oggi che per 20 mesi Milei ha alimentato la speranza. Riducendo l’inflazione mensile dal 12,8% a meno del 2%, tagliando la spesa pubblica e licenziando migliaia di dipendenti statali. Il risultato è un pareggio di bilancio dopo 10 anni di disavanzi. Ma la fragilità strutturale dell’economia argentina è rimasta. Il saldo della bilancia dei pagamenti è tornata in rosso. Nel secondo trimestre 2025 il deficit ha superato i tre miliardi di dollari, trainato dal peso degli interessi sul debito. A causa dei tre squilibri mai risolti. Quello dall’export agricolo, visto che la soia e il mais rappresentano più della metà delle esportazioni complessive. Ogni oscillazione dei prezzi internazionali si riflette immediatamente sul saldo esterno.

I tagli e le riserve

Il calo delle quotazioni nel 2025 ha ridotto le entrate in dollari. Poi la bilancia dei servizi: viaggi, trasporti, assicurazioni e costi finanziari drenano sistematicamente valuta. Infine, il reddito primario. Gli interessi sul debito estero e i dividenti rimpatriate superano le entrate da investimenti argentini all’estero. Il Fondo Monetario internazionale ha promosso l’Argentina per aver rispettato i target fiscali del programma EFF. Ma non ha raggiunto quelli delle riserve. E la Banca centrale ha difeso il peso vendendo dollari. Secondo un meccanismo già visto in passato con gli odiati (da Milei) peronisti.

Il soccorso Usa

Washington è corsa ai ripari: «Non permetteremo che un disequilibrio di mercato faccia deragliare le riforme economiche avviate dal presidente Milei», ha dichiarato il segretario al Tesoro Scott Bessent. Gli Stati Uniti hanno sdoganato l’Exchange Stabilization Fund, già usato nel 1995 per salvare il Messico. Mentre Buenos Aires ha una linea swap anche con la People’s Bank of China da 18 miliardi, di cui solo 5 effettivamente attivi. L’idea è che gli Usa stanno cercando di allontanare l’Argentina dalla Cina con gli aiuti. Puntando a litio e minerali critici argentini.

La bilancia dei pagamenti

Ma il problema centrale è la bilancia dei pagamenti. Nei prossimi tre anni l’Argentina dovrà onorare impegni esteri per oltre 45 miliardi di dollari, di cui 15 al Fmi. Si tratta di un peso insostenibile senza un surplus commerciale o afflussi di investimenti diretti. E quindi l’Argentina rischia il classico circolo vizioso. Ogni crisi porta al sostegno esterno, che aumenta il debito e allontana il riequilibrio. Milei vedrà Donald Trump il 14 ottobre alla Casa Bianca. Ma l’acquisto di tempo con il sostegno americano non durerà per sempre.

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