Ultime notizie Beatrice VeneziDelitto di GarlascoElezioni RegionaliGazaGlobal Sumud FlotillaNATO
ESTERIDimissioniEmmanuel MacronFranciaJean-Luc MélenchonMarine Le PenVideo

Lecornu getta la spugna, Francia di nuovo nel caos. Le Pen e Mélenchon: «Ora Macron si dimetta» – I video

06 Ottobre 2025 - 11:45 Simone Disegni
L'ex ministro della Difesa rinuncia ancor prima di cominciare: terzo premier bruciato in un anno. Cresce la pressione sull'Eliseo: scioglierà il Parlamento?

Il premier francese Sebastien Lecornu ha presentato le sue dimissioni al presidente Emmanuel Macron, che le ha accettate. Il suo governo così muore prima di essere nato. La notizia ha scioccato la Francia, che ripiomba così nel caos politico. Lecornu era stato incaricato di formare un governo meno di un mese fa subito dopo la sfiducia in Parlamento al centrista François Bayrou, arrivato alla guida del Paese a sua volta dopo la sfiducia al predecessore Michel Barnier. Soltanto ieri sera l’Eliseo aveva reso nota la lista preliminare dei ministri del nuovo governo, che Lecornu – fedelissimo di Macron – avrebbe dovuto presentare in Parlamento domani col tradizionale «discorso di politica generale». E invece stamattina l’ex ministro della Difesa ha gettato la spugna.

Lo sfogo di Lecornu: «Partiti indisponibili ad ogni compromesso»

«Essere il primo ministro è un lavoro complicato, e non lo si può fare se non ci sono le condizioni», ha spiegato lo stesso Lecornu parlando brevemente al Paese dall’uscio di Palais de Matignon, sede del governo. «Per tre settimane ho parlato poco e mediato molto, tentando di dare forma al bilancio per il 2026 e ad altre misure che non posso attendere. Ho tentato di aprire un cammino con i partner sociali così come con le varie forze politiche», nella convinzione che pure nel Parlamento spaccato uscito dalle elezioni legislative dell’estate 2024 si potesse trovare un accordo minimo per far partire un nuovo governo. «A volte le linee rosse diventano arancioni, se non verdi», ha detto Lecornu con tono da politico navigato. Per questo aveva accettato di rimettere al centro delle decisioni il Parlamento, togliendo dal tavolo l’arma “impropria” dell’articolo 49.3, che permette di scavalcare l’Assemblea Nazionale per alcune decisioni chiave. Ma la scommessa è fallita, ha riconosciuto lo stesso Lecornu, scaricando esplicitamente le responsabilità sui partiti. «Eccezioni a parte, non sono disposti a fare compromessi. Continuano a porsi come se avessero maggioranza assoluta: ciascuno chiede che gli altri adottino integralmente il proprio programma: vale per il Socle Commun (l’asse che ha sostenuto gli ultimi due governi) così come per l’opposizione». Insomma, tornando alla metafora, «ci sono linee rosse ovunque, non linee verdi». E così anche solo presentare un governo in Parlamento non ha senso. «Io per primo sono un militante, ma bisogna sempre preferire il Paese al proprio partito, pensare ai francesi oltre che ai propri militanti», è l’ultimo messaggio che Lecornu ha voluto lasciare a partiti e concittadini increduli.

Il governo pronto, la crisi: cos’è successo

Le dimissioni di Lecornu prima ancora di presentare governo e programma in Parlamento sono senza precedenti in Francia. Dopo settimane di consultazioni con tutti i partiti politici, Lecornu, stretto alleato di Macron, aveva nominato domenica i suoi (primi) 18 ministri e il governo avrebbe dovuto tenere la sua prima riunione lunedì pomeriggio. Oltre alle conferme di Bruno Retailleau, leader del partito di destra Les Républicains, agli Interni, del macronista tendente a destra Gérald Darmanin alla Giustizia, e dei due ex primi ministri Elisabeth Borne e Manuel Valls, spiccavano gli innesti del macronista Roland Lescure all’Economia e dell’ex responsabile di quella casella Bruno Le Maire alla Difesa. Sarebbero rimasti in sella pure Jean-Noël Barrot (MoDem) agli Esteri, Catherine Vautrin a Salute e Lavoro e Rachida Dati (Républicains) alla Cultura, nonostante la sua candidatura a sindaco di Parigi e il processo per corruzione a suo carico previsto per settembre 2026. Ma la composizione del nuovo governo ha irritato sia oppositori che alleati, e ora volano gli stracci tra l’entourage di Lecornu e lo stesso Retaillau. Proprio nel momento in cui la Francia sembrava giocarsi l’ultima carta dopo la sfiducia in Parlamento a ben due premier sulla costruzione di un bilancio in grado di frenare la corsa del debito pubblico.

Dissoluzione o dimissioni: sale la pressione su Macron

A questo punto la palla torna per l’ennesima volta nelle mani di Macron, su cui ora sale fortissima la pressione per una svolta che spezzi il circuito dei veti incrociati e delle continue, umilianti bruciature di primi ministri e governi. All’origine di tutto, d’altronde, sta la mossa shock del capo dello Stato di sciogliere il Parlamento dopo le elezioni europee di giugno 2024, che vide volare il Rassemblement National. Anziché «chiarire le cose» come auspicava, quelle legislative hanno prodotto un Parlamento ingestibile, con le ali di destra e sinistra fortissime ma nessuno in grado di esprimere una maggioranza coerente. «Ora basta, Macron sciolga il Parlamento, in questo non ci sono e non ci saranno soluzioni. Si torni alle urne così da dare una direzione politica alla Francia», ha affondato il colpo Marine Le Pen. Secondo cui una scelta diversa, con l’indicazione di un nuovo premier, sarebbe a questo punto «il colmo della farsa». Meglio ancora, per l’RN, sarebbe se Macron togliesse di mezzo politicamente se stesso: le sue dimissioni sarebbero «una misura di saggezza». Anche la France Insoumise, sinistra radicale, punta allo stesso obiettivo. «Dopo le dimissioni di Sébastien Lecornu, chiediamo la discussione immediata della mozione di destituzione di Emmanuel Macron», scrive su X Jean-Luc Mélenchon. Le due opzioni non sembrano ormai più tabù neppure per diversi partiti dell’«arco costituzionale» tradizionale. Dalla destra dei Reépublicains è il vicepresidente e sindaco di Cannes a rompere gli indugi e chiedere a Macron di «programmare le sue dimissioni». Ora il partito è riunito in una sorta di “comitato di crisi”, così come gli Ecologisti. Mentre si attende di conoscere la posizione dei Socialisti. E quella di Macron, ovviamente.

Foto di copertina: Il premier dimissionario Sebastien Lecornu a Palazzo Matignon – Parigi, 6 ottobre 2025 (EPA/STEPHANE MAHE)

leggi anche