Von der Leyen contro tutti: oggi al Parlamento Ue le mozioni di censura. Chi vuole sfiduciarla, perché e cosa rischia


Da Strasburgo – L’Aula del Parlamento europeo si prepara a vagliare due nuove mozioni di sfiducia contro Ursula von der Leyen. Per la seconda volta in appena tre mesi, i deputati europei saranno chiamati a discutere (lunedì 6 ottobre) e votare (giovedì 9 ottobre) non una, ma due mozioni di censura contro la Commissione europea guidata dalla leader tedesca. A presentarle sono stati i due gruppi agli estremi dell’emiciclo: The Left (sinistra) e i Patrioti per l’Europa (destra). Sebbene prive del sostegno necessario per essere approvate – i principali gruppi, Popolari (PPE), Socialisti (S&D) e Liberali (RE), hanno già annunciato il loro voto contrario – le iniziative rappresentano comunque un nuovo banco di prova per von der Leyen, la cui leadership è sempre più sotto osservazione dall’inizio del suo secondo mandato. La presidente della Commissione Ue, sarà presente al dibattito in programma per questo pomeriggio, accompagnata dall’intero collegio dei commissari, ma non al voto di giovedì, e ha già assicurato che ascolterà le critiche, pronta a replicare «con fatti e argomentazioni».
Chi e perché vuole la testa di von der Leyen

Se c’è un fil rouge che accomuna i due tentativi di sfiduciare la numero uno della Commissione, sono le pesanti critiche sugli accordi commerciali siglati con altri partner mondiali. Il malcontento si concentra soprattutto sull’accordo sui dazi con gli Stati Uniti, ritenuto da molti eurodeputati troppo sbilanciato a favore di Washington. Von der Leyen ha riconosciuto che l’intesa è «imperfetta», ma l’ha più volte definita «solida» quanto basta per navigare le tensioni commerciali innescate dalla presidenza Trump. Patrioti per l’Europa e The Left mettono però la Commissione nel mirino pure per l’accordo di libero scambio Ue-Mercosur. Entrambi i gruppi esprimono timori per le possibili ricadute negative sugli agricoltori europei. Denunciano inoltre la scarsa trasparenza della presidente, un tema già al centro del voto di luglio, quando von der Leyen fu «processata» in Aula per il cosiddetto Pfizergate. I Patrioti attaccano inoltre la gestione della migrazione irregolare, considerata inefficace. The Left punta invece il dito contro l’inerzia nella risposta alla crisi climatica e sociale, e alla guerra di Israele a Gaza. Nel corso dell’ultimo discorso sullo stato dell’Unione, von der Leyen ha proposto una sospensione parziale dell’Accordo di associazione Ue-Israele, una misura sollecitata da tempo dai deputati progressisti. La decisione definitiva è ora nelle mani degli Stati membri.
I numeri per la sfiducia
Per far cadere la Commissione serve una maggioranza qualificata: due terzi dei voti espressi, ovvero almeno 480 voti contrari se tutti i 719 eurodeputati partecipano al voto. Ma le forze che hanno proposto le mozioni (Patrioti, The Left e l’ESN – un altro gruppo di estrema destra) contano insieme solo 158 deputati. Anche sommando l’eventuale sostegno di parte dei Conservatori e Riformisti europei (ECR), per raggiungere la soglia necessaria all’approvazione servirebbe comunque il contributo di un numero consistente di deputati centristi. Un’ipotesi improbabile, visto che questi hanno già annunciato il loro voto contrario, nonostante qualche segnale di malumore interno anche all’interno dello stesso gruppo dei Popolari di von der Leyen. Lo scorso luglio, la mozione ottenne appena 175 voti favorevoli, contro 360 contrari e 18 astenuti. Secondo proiezioni di Politico basate su interviste a parlamentari e funzionari, lo scenario peggiore per von der Leyen prevede fino a 305 voti contrari: sarebbe un segnale politico potente, ma insufficiente a determinare la sua caduta.
Una sfiducia tira l’altra?
Dal punto di vista della Commissione, l’uso sistematico delle mozioni di sfiducia da parte dei gruppi politici, specie quelli tagliati fuori dalla maggioranza di “governo” dell’Ue, rischia di diventare un problema. Con sole 72 firme richieste su un totale di 720 eurodeputati, lo strumento viene impiegato sempre più spesso. Pur essendo prevista dai trattati europei fin dall’inizio, solo ora gli europarlamentari sembrano determinati a farne un uso sistematico. «Sarebbe positivo aumentare la soglia delle firme, per restituire dignità a questo strumento», ha dichiarato un funzionario della Commissione in forma anonima a Politico, sostenendo che «più spesso si usa la mozione, meno effetto produce».

Giovedì von der Leyen dovrebbe superare indenne il voto. Tuttavia, le occasioni per i parlamentari europei di tornare a esprimere un giudizio sul suo operato non mancheranno. Dalle trattative commerciali al bilancio settennale dell’Unione, passando per le questioni di trasparenza e il ruolo dell’Ue in un mondo sempre più competitivo, la presidente della Commissione dovrà continuare a misurarsi costantemente con critiche e “assalti” vari. Ci sarà sempre una «prossima volta» con cui la presidente della Commissione Ue dovrà confrontarsi. Nessuno tra i suoi alleati appare pronto, al momento, a sfiduciarla apertamente, ma in pochi escludono che ciò possa accadere in futuro.
Foto copertina: ANSA/ALESSANDRO DI MARCO | La presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen all’Italian Tech Week 2025 – Torino, 3 ottobre 2025.