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La tela di Di Maio con gli sceicchi per Gaza: «Serve l’ombrello Onu per disarmare Hamas. L’Ue ai margini? Ora sarà protagonista» – L’intervista

21 Ottobre 2025 - 14:01 Simone Disegni
Luigi Di Maio Ue
Luigi Di Maio Ue
L'ex leader M5S oggi rappresentante speciale Ue per il Golfo a Open: «L'attacco israeliano in Qatar ha cambiato la storia, ma il cessate il fuoco dipende da tutti»

«Il cessate il fuoco a Gaza l’hanno ottenuto Donald Trump, l’Egitto e il Qatar, e non poteva essere diversamente. Ma ora nella fase 2 l’Ue sarà protagonista». Da quando ha dismesso i panni del politico e indossato quelli dell’alto diplomatico, Luigi Di Maio ha sempre la valigia pronta. Rappresentante speciale Ue per il Golfo (dal 2023, riconfermato fino al 2027), fa sponda costante per conto dei governi europei con emiri e sceicchi, attori fondamentali di un Medio Oriente in piena ebollizione. E di quell’accordo che ha portato dopo due anni di guerra sollievo alla popolazione di Gaza come a quella israeliana, ma il cui futuro pare ogni giorno in bilico. Reggerà il cessate il fuoco? Hamas cederà le armi? E chi governerà Gaza, dopo? L’ex leader M5S e ministro degli Esteri risponde a Open subito prima di decollare da Helsinki verso gli Emirati Arabi per una girandola di incontri con chi dovrà sciogliere questi nodi.

On. Di Maio, alla prova dei fatti l’Ue è stata solo «spettatrice» dell’accordo di cessate il fuoco a Gaza?

«Gli Usa si sono coordinati con i Paesi occidentali: a New York a margine dell’Assemblea Generale Onu di settembre la Casa Bianca ne ha parlato con i principali leader europei e con Kaja Kallas per l’Ue. Ma non c’è dubbio che a sbloccare la situazione sia stato Donald Trump: solo lui poteva farlo in questa fase, in modo da esercitare massima pressione su Israele, mentre sull’altro fronte solo Qatar ed Egitto potevano esercitare massima pressione su Hamas e derivate varie».

Questo in fondo era il contesto sin dall’inizio. Perché ci è voluto così tanto?

«L’evento che ha cambiato il corso della storia è stato il bombardamento israeliano a Doha (il 9 settembre sulla dirigenza all’estero di Hamas, ndr). Lì tutti hanno percepito che si era all’ultima chance per evitare una guerra nell’intera regione: se il Qatar avesse attuato una rappresaglia ci sarebbe stato uno spillover drammatico. Gli Usa hanno reagito offrendo massime garanzie a Doha: un meccanismo di sicurezza simile all’articolo 5 della Nato, perfino una cosa mai vista prima come l’impegno ad ospitare una base militare qatariota sul territorio americano (presso la base aerea di Mountain Home, in Idaho, ndr). Ma anche noi abbiamo messo in chiaro che la sicurezza del Golfo è la nostra sicurezza in Europa».

In che modo?

«Nei giorni chiave dei negoziati su Gaza eravamo impegnati in Kuwait nella riunione ministeriale Ue-Consiglio di Cooperazione del Golfo. Nella dichiarazione finale congiunta si è dato massimo sostegno a Doha, condannando l’attacco israeliano come una violazione inaccettabile della sovranità del Qatar, così come pieno sostegno al piano Usa di cessate il fuoco. Con tutte le incognite del caso, era ed è il piano migliore possibile, e ora va fatto funzionare. Per ora il cessate il fuoco regge, nonostante ci siano stati scontri, perché gli Usa restano impegnati per garantire la transizione alla fase 2, come dimostra la presenza di JD Vance oggi in Israele. Ma tutti dobbiamo prendercene cura».

L’Ue cosa può fare in concreto?

«Nella fase 2 i temi chiave saranno le frontiere, la polizia, la governance. E lì l’Ue sarà protagonista. Abbiamo promesso di sostenere l’Anp con 500 milioni l’anno per tre anni per permetterle di riformarsi e dispiegare al meglio la sua azione amministrativa, in futuro anche a Gaza. Abbiamo due missioni cruciali sul posto con i nostri uomini: EUPOL COPPS per formare la polizia e l’amministrazione pubblica palestinese ed EUBAM a Rafah per monitorare il valico strategico tra la Striscia e l’Egitto. E col gruppo dei donatori saremo protagonisti nella ricostruzione di Gaza».

Perché si avviino ricostruzione e nuova governance serve però prima che Hamas si disarmi. I Paesi della regione che hanno mediato l’accordo sono davvero pronti ad inviare i loro uomini per farlo?

«Più parlo coi Paesi interessati a contribuire e più sento ripetere la stessa domanda: “Siamo sicuri che quello che ricostruiamo non venga distrutto di nuovo?”. L’accordo prevede la smilitarizzazione di Gaza: Hamas va smantellata e non deve avere alcun ruolo futuro nel governo di Gaza, né formale né informale. E dobbiamo scongiurare pure che nascano altre milizie. Ma prima di agire tutti in questo momento attendono di capire gli esiti della discussione al Consiglio di sicurezza: ci sarà un ombrello Onu per la Forza di sicurezza internazionale? Di che tipo? E quale sarà il meccanismo per la ricostruzione di Gaza? Anche su questa base alla conferenza dei donatori in Egitto si capirà chi è disposto a investire, quanto e su quali progetti».

Doha a parte, c’è chi sostiene che la svolta su Gaza sia stata anche il frutto della pressione di questi mesi dell’opinione pubblica, nelle piazze e con iniziative come la Flotilla. Lei che ne pensa?

«Certamente in Europa l’opinione pubblica era molto preoccupata per quel che stava avvenendo a Gaza, e i governi europei così come quelli arabi hanno tenuto conto di questa preoccupazione. Di più, l’hanno condivisa direi in modo trasversale. Lo stesso Trump è stato eletto democraticamente e ha un’opinione pubblica di cui tenere conto: una parte del partito repubblicano a lui vicina è molto sensibile al tema della pace e del disimpegno degli Usa da conflitti all’estero». 

Anche in Italia i politici hanno fatto a gara in questi mesi per intercettare l’ondata pacifista/pro-Gaza. Il suo ex partito, l’M5S, s’è distinto per la virulenza degli attacchi al governo Meloni «complice del genocidio» così come alla «deriva bellicista» dell’Ue. Che effetto le fa?

«La discussione politica in Europa è importante, ma io oggi rappresento i 27 Paesi Ue e non ci entro».

Foto di copertina: Luigi Di Maio ai MED Dialogues 2025 organizzati da Farnesina e Ispi – Napoli, 17 ottobre 2025 (Ansa/Antonio Balasco)

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