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Richard Gere e la difesa dei popoli incontattati: «La metà è a rischio estinzione»

27 Ottobre 2025 - 07:40 Alba Romano
richard gere popoli incontattati
richard gere popoli incontattati

Richard Gere firma un appello per i popoli indigeni incontattati. In un articolo su La Repubblica l’attore racconta la sua visita al territorio della Nazione Onondaga. Si trovano sei miglia a sud di Syracuse. Prima vivevano nello Stato di New York. Ora hanno 3 mila ettari di territorio. In totale sono 196 popoli e gruppi indigeni incontattati. A differenza del popolo Onondaga, la metà di loro potrebbe non sopravvivere ai prossimi 10 anni. A causa della deforestazione, del furto di minerali e degli acquisti di territori.

Richard Gere e i popoli incontattati

Gere spiega che la previsione sulla scomparsa entro dieci anni è il risultato «del rapporto “Popoli indigeni incontattati: frontiere di resistenza”, pubblicato questa settimana da Survival International, organizzazione che lotta per i diritti dei popoli indigeni. Secondo le ricerche di Survival, le minacce più gravi sono l’estrazione e lo sfruttamento delle risorse per profitto, che colpiscono il 96% di tutti i popoli incontattati del mondo. Questo sfruttamento provoca un genocidio silenzioso, lontano dagli occhi del resto del mondo. E, come sempre accade quando un popolo viene distrutto, insieme a lui muoiono anche la sua lingua, la sua cultura, la sua religione, le sue conoscenze botaniche e la sua cosmologia».

La scelta

Secondo l’attore «Sono ben consapevoli del mondo esterno, ma rifiutano di farne parte. Per molti di loro, questa decisione scaturisce dal ricordo dei contatti e delle invasioni devastanti avvenuti in passato, con il loro vissuto carico di violenze, epidemie e morte. In Perù, i Mashco Piro furono schiavizzati, picchiati, abusati, torturati e impiccati dai baroni della gomma negli ultimi due decenni dell’800. Coloro che riuscirono a sopravvivere rifugiandosi nelle profondità delle sorgenti dell’Amazzonia hanno vissuto incontattati da allora. Oggi, però, stanno arrivando i taglialegna per abbattere i loro alberi secolari. E mentre le motoseghe si avvicinano, i Mashco Piro lasciano dei segnali simbolici, come lance incrociate lungo i sentieri, per rivendicare i loro diritti territoriali e mettere in guardia gli intrusi».

La perdita degli habitat

La perdita degli habitat, sostiene l’attore, è causa di genocidio. Ma ci sono anche le maalattie: «A scatenare un’epidemia basta un solo estraneo, un semplice colpo di tosse, un contatto fugace. Questi popoli non hanno alcuna immunità contro malattie comuni nel mondo industrializzato. Quando i britannici colonizzarono le isole Andamane, in India, nel 1850, i circa 7mila Grandi Andamanesi erano sani e forti. Ma i britannici portarono con sé il morbillo, l’influenza e la sifilide. Oggi sopravvivono solo circa 50 persone. Ma non si tratta solo di eventi di un passato lontano».

Il Brasile

Oggi la maggior parte dei popoli incontattati vive in Brasile. Ma «tre quarti dei Suruí Paiter sono stati uccisi dal morbillo e dalla tubercolosi tra il 1980 e il 1986, quando colonizzatori e costruttori di strade invasero il loro territorio dopo il primo contatto». E conclude: «Il popolo Onondaga ha una tradizione che rispetto profondamente. Prima di prendere una decisione importante, i leader ne considerano gli effetti potenziali non solo su di loro, o sui loro figli, ma anche sulle sette generazioni successive. Molti popoli incontattati potrebbero avere ancora solo 10 anni di fronte a loro. È ora di porre fine a questo genocidio silenzioso e cambiare il loro destino».

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