Garlasco, il nodo dei device sequestrati a Venditti: la difesa trova un escamotage per prendere tempo. E potremmo non scoprire mai il contenuto – Il video
Nell’intricata vicenda giudiziaria del delitto di Garlasco, è emerso nell’ultimo periodo un nuovo protagonista: l’ex procuratore capo di Pavia, Mario Venditti. Un nome che non era mai apparso nel lungo elenco di persone coinvolte, a vario titolo, nelle indagini e nei processi legati a uno dei casi più mediatici della cronaca italiana recente. Venditti è attualmente indagato in due distinti filoni d’inchiesta. Uno che riguarda appunto l’omicidio di Chiara Poggi, l’altro nell’ambito dell’inchiesta sul cosiddetto «sistema Pavia». Queste due inchieste hanno in comune, oltre all’indagato, l’interesse per il contenuto degli undici dispositivi sequestrati a Venditti, tra computer, hard disk e telefoni cellulari. Ma cosa contengono realmente potremmo non scoprirlo mai.
Il coinvolgimento di Mario Venditti nell’inchiesta su Garlasco
Il primo filone di indagine in cui è coinvolto l’ex procuratore di Pavia, oggi in pensione, riguarda proprio il fascicolo di Garlasco, in cui Venditti è accusato di corruzione in atti giudiziari. Secondo l’ipotesi accusatoria, il magistrato avrebbe accettato denaro da Giuseppe Sempio, padre di Andrea, indagato nel 2017 e di nuovo oggi, per favorire l’archiviazione delle posizioni del figlio. Ipotesi che ha portato la procura di Bresca a iscrivere nel registro degli indagati anche lo stesso Giuseppe Sempio, con l’accusa di corruzione.
L’indagine sul «sistema Pavia»
Venditti, insieme all’attuale pm milanese Pietro Paolo Mazza, è coinvolto anche nell’inchiesta Clean 2, sul cosiddetto «sistema Pavia», una rete complessa e intricata di scambi di favori tra magistrati, agenti della polizia giudiziaria e imprenditori con cui Venditti – spalleggiato proprio da Mazza, in quel periodo nella città lombarda – gestiva come un burattinaio la procura a lui assegnata dal 2014 a fine 2021. In questa inchiesta i due magistrati risultano, infatti, indagati per corruzione e peculato, cioè appropriazione indebita di denaro o beni mobili a cui hanno accesso solo in virtù del loro pubblico ufficio per farne uso in modo strettamente personale.
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L’interesse sui device sequestrati a Venditti
Ciò che accomuna i due procedimenti è l’interesse, condiviso da entrambe le procure coinvolte, per il contenuto degli undici dispositivi sequestrati a Venditti: computer, hard disk e telefoni cellulari che potrebbero contenere informazioni cruciali. Il materiale informatico di Venditti è diventato un campo di battaglia giudiziaria. Il primo sequestro è stato annullato dal Tribunale del Riesame per vizi formali, non per questioni di merito. Successivamente, è stato disposto un nuovo sequestro, ma la difesa si è mossa con prontezza. L’avvocato Domenico Aiello, legale di Venditti, ha infatti presentato all’ultimo momento una richiesta di incidente probatorio per sospendere l’analisi dei dispositivi, prevista per lunedì 3 pomeriggio. L’obiettivo dichiarato è quello di evitare che vengano eseguite attività di perquisizione e copia «non decise e non presidiate da un giudice terzo». Un’azione che, nei fatti, blocca temporaneamente gli accertamenti tecnici previsti e impone prima di tutto una verifica sulla legittimità del sequestro stesso.
La strategia difensiva: guadagnare tempo
È una strategia difensiva raffinata, che alcuni osservatori leggono come un tentativo di guadagnare tempo. E infatti l’udienza, durata circa due ore, si è conclusa con la decisione del collegio di prendersi qualche giorno per valutare le richieste delle difese. Di fatto, la possibilità di scoprire cosa contengano davvero quei device viene ancora una volta rimandata. Venditti, dal canto suo, continua a proclamarsi assolutamente innocente. «In qualità di procuratore aggiunto non ho mai preso decisioni in autonomia in merito alle intercettazioni o all’affidamento di contratti di noleggio», ha detto nel corso delle sue dichiarazioni spontanee davanti al Tribunale del Riesame di Brescia. Il suo avvocato, Domenico Aiello, ha definito l’intera vicenda una «messa in scena», una deriva mediatica alimentata dal clamore del caso Garlasco. Per Aiello il suo assistito altro non è che la «vittima sacrificale» vittima di uno «show giudiziario» che si trascina ormai da quasi vent’anni.
