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Questo studio non dimostra che il vaccino Covid aumenta del 559% il rischio di infezioni respiratorie

29 Dicembre 2025 - 22:55 Juanne Pili
Gli autori dello studio non parlano di un effetto causale dei vaccini

Diverse condivisioni Facebook da parte di utenti vicini alle idee No vax riportano lo screen di un articolo dove si sostiene che i vaccini contro il nuovo Coronavirus sarebbero correlati a un aumento del 559% delle infezioni respiratorie. A suggerirlo sarebbe un recente studio coreano. Lo abbiamo letto.

Per chi ha fretta:

  • Lo studio coreano non menziona mai un aumento del 559% del rischio di infezioni.
  • Si tratta di uno studio di coorte retrospettivo che come tale non può stabilire collegamenti causali.
  • Gli autori dello studio non parlano di un effetto causale dei vaccini.
  • Anche al netto dei limiti i risultati non smentiscono sicurezza ed efficacia dei vaccini Covid.

Analisi

Dallo screen dell’articolo sull’incremento del 559% di infezioni respiratorie collegate al vaccino Covid, datato 4 dicembre 2025, leggiamo quanto segue:

Vaccino Covid aumenta rischio di infezioni respiratorie come, polmonite, tubercolosi, laringite e raffreddore del 559% – lo STUDIO sudcoreano

Uno studio sudcoreano su oltre 89 milioni di persone segnala associazioni tra numero di dosi di vaccino Covid e alcune infezioni respiratorie, come raffreddore, laringite, faringite, polmonite e tubercolosi

Un incremento del 559% di polmonite e tubercolosi?

Si tratta di uno studio di coorte retrospettivo svolto sulla popolazione sudcoreana. In quanto tale questo genere di studi non può stabilire collegamenti causali. Non di meno, i ricercatori osservano che rispetto al periodo 2017-19 l’incidenza di malattie simil-influenzali (ILI) e polmoniti è diminuita di oltre il 90% durante il 2020-2021 (piena pandemia).

Nel periodo 2023-24 si osserva una recrudescenza delle infezioni del tratto respiratorio superiore (URI) e del raffreddore comune. Inoltre, l’incidenza della pertosse è aumentata di 46 volte rispetto ai livelli previsti alla fine del 2023. Gli individui con almeno quattro dosi di vaccino Covid «avevano rischi più bassi di ILI e pertosse, ma rischi più elevati di URI e raffreddore comune, rispetto ai non vaccinati o parzialmente vaccinati». Quando si parla di tubercolosi, i ricercatori osservano che la sua incidenza «è rimasta in diminuzione stabile per tutto il periodo complessivo».

I ricercatori considerano anche il ruolo della Covid-19 e delle politiche atte a contenerne la diffusione, come gli interventi non farmaceutici (NPI):

«Il forte calo iniziale delle infezioni respiratorie osservato durante la fase iniziale della pandemia di COVID-19 è coerente con i precedenti rapporti internazionali – spiegano gli autori -. Studi precedenti hanno documentato riduzioni significative del virus dell’influenza e di altri virus respiratori comuni durante la pandemia, a causa di rigidi NPI e di un sistema di monitoraggio anormale. I casi di infezione nascosti e non rilevati possono essere uno dei motivi per diminuire a causa delle restrizioni sulle visite ospedaliere e dell’allocazione delle risorse mediche per la gestione del COVID-19».

Avevamo osservato lo stesso fenomeno in Europa. Suggeriamo la lettura della nostra intervista all’infettivologo Stefano Zona dell’associazione IoVaccino, risalente al febbraio 2021.

Dunque i ricercatori sostengono una cosa notevolmente diversa da quanto riportato nell’articolo in oggetto:

«L’associazione inversa della vaccinazione COVID-19 con ILI e pertosse potrebbe essere spiegata dall’innesco del sistema immunitario. I vaccini COVID-19, in particolare piattaforme di mRNA, materiali guidati da virus o adiuvanti, hanno dimostrato di stimolare le risposte immunitarie innate, migliorando potenzialmente le difese antivirali e antibatteriche. Inoltre, le persone che aderiscono ai programmi di vaccinazione possono anche impegnarsi in modo più rigoroso in altri comportamenti protettivi per la salute, come l’inoculazione per la vaccinazione antinfluenzale stagionale».

Quando osservano un aumento del «rischio di URI e comune raffreddore», gli autori se lo spiegano suggerendo che l’«ampia protezione non specifica contro altri virus respiratori» potesse avere dei limiti rispetto alle aspettative.

Lo studio, come accennavamo ha dei limiti che potrebbero spiegare certe discrepanze. Per esempio la coorte utilizzata si basa sui «sinistri assicurativi in Corea», dunque «l’accuratezza diagnostica può essere influenzata da potenziali errori di codifica o limitazioni».

«lo stato di vaccinazione è stato classificato esclusivamente in base al numero di dosi ricevute – continuano i ricercatori -, senza tenere conto del tipo di vaccino, degli intervalli tra le dosi o degli episodi di inoculazione e infezione da SARS-CoV-2, che possono influenzare la suscettibilità ad altre infezioni».

Conclusioni

Lo studio coreano in oggetto non dimostra che i vaccini Covid sarebbero collegati a un incremento del 559% delle infezioni respiratorie, compresa addirittura la tubercolosi.

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