Il cardinale Mueller spietato su papa Francesco: «I suoi amici privilegiati se accusati di abusi: un cerchio magico fa le nomine in Vaticano»

Una raffica di accuse durissime dal cardinale tedesco nei confronti del pontefice, nel suo ultimo libro In buona fede in arrivo nelle librerie

Un «cerchio magico» graviterebbe attorno a Papa Francesco. Gli abusi nella Chiesa verrebbero trattati in maniera parziale. Il «no» alla messa in latino avrebbe addolorato e allontanato le frange tradizionaliste. Queste sono solo alcune delle rivelazioni fatte dal cardinal Gerhard Mueller nel libro In buona fede con Franca Giansoldati (Solferino), in uscita a giorni. L’ex Prefetto della Dottrina della Fede non risparmia le critiche alla linea adottata dal Pontefice, che a suo dire si sarebbe circondato da persone «non preparate dal punto di vista teologico». A suo dire, inoltre, in Vaticano ormai le informazioni circolerebbero «in modo parallelo»: «da una parte sono attivi i canali istituzionali purtroppo sempre meno consultati dal pontefice, e dall’altra quelli personali utilizzati persino per le nomine dei vescovi o dei cardinali».


La questione degli abusi

Parole forti, che non risparmiano di commentare nemmeno gli scandali che hanno travolto la Chiesa in tempi recenti. In particolare, viene citato il caso di Monsignor Gustavo Zanchetta, il vescovo argentino che lo scorso marzo è stato condannato a quattro anni e mezzo di reclusione per abusi sessuali su due seminaristi. Il suo caso, scrive Mueller, «fa discutere poiché ha potuto godere di uno status privilegiato in quanto amico del Papa. Di norma le amicizie non possono influenzare il procedere della giustizia, tutti devono essere trattati in modo uguale». Viene chiamato in causa anche don Mauro Inzoli, un sacerdote vicino a Comunione e Liberazione. «Il tribunale vaticano – si legge nel libro – avviò un processo su di lui alla fine del quale si decise di ridurlo allo stato laicale perché fu riconosciuto colpevole di crimini. Purtroppo però vi fu un cardinale di curia che andò a bussare a Santa Marta, chiedendo clemenza». Mueller racconta che «davanti a questo interventismo» il Papa si convinse e scelse di modificare la sentenza aggiustando la pena a Inzoli, stabilendo che rimanesse sacerdote. Ma con il divieto di indossare in pubblico l’abito sacerdotale o il clergyman, e senza presentarsi alle comunità come consacrato: «Rimaneva consacrato ma non poteva mostrarsi agli estranei come tale. Questo è solo un esempio».


Il «no» messa in latino e l’affair Becciu

Nell’opera di Mueller riecheggia quanto già raccontato da Georg Gänswein, segretario di Benedetto XVI, il quale ha affermato che il no di Papa Francesco alla messa in latino «spezzò il cuore» di Joseph Ratzinger. La decisione, aggiunge Mueller, è stata «uno schiaffo» per i tradizionalisti, «ha scavato fossati e ha causato dolore». E ha dato l’impressione, a suo dire, che il Pontefice avesse scelto di «dare ascolto a un gruppo di consiglieri, senza tenere conto che quel provvedimento avrebbe assunto i contorni di una mera dimostrazione di potere». Il cardinale è un fiume in piena, e non risparmia nemmeno le critiche sulla gestione dell‘affair Becciu, il cardinale accusato di essersi arricchito assieme ai suoi famigliari con i fondi della Segreteria di Stato vaticana. «Non si può punire qualcuno senza avere in mano le prove della sua colpa. Questo modo di agire è capitato di frequente in Vaticano e non riguarda solo il singolare caso Becciu, ma è accaduto persino dentro la Congregazione per la Dottrina della Fede quando furono mandati via alcuni sacerdoti senza ragioni, dall’oggi al domani», sentenzia Mueller. Il biasimo del porporato investe in primo luogo i mass media, colpevoli a suo dire di aver amplificato una «questione macroscopica».

Becciu sarebbe «stato umiliato e punito di fronte al mondo senza che gli sia stata data alcuna possibilità di difesa. Ora si aspetta la fine del processo in corso al tribunale vaticano. Eppure dovrebbe valere per chiunque la presunzione di innocenza, un diritto sacrosanto dai tempi degli antichi romani». Ma l’ex Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede sottolinea una porzione di responsabilità che a suo dire sarebbe da attribuire al Papa: «Francesco ha deciso di punirlo severamente dopo che qualcuno era andato da lui, a Santa Marta, per mostrargli un articolo de L’Espresso, un settimanale italiano che riportava un’inchiesta sul cardinale. Ma come si fa ad agire in base a un articolo di stampa?», conclude.

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