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Al nido della Camera solo 3 posti. Ravetto (FI): «Una presa in giro. Madri dimenticate ovunque» – L’intervista

14 Marzo 2019 - 16:23 Chiara Piselli
«È una beffa», protesta la deputata di FI. «Non chiedano alle imprese private di investire nella maternità, perché loro sono i primi a non curarsene. Il mio è un atteggiamento provocatorio e simbolico: io voglio che si cominci a parlare di maternità in modo serio in questo Paese»

La camera dei Deputati mette a disposizione – dietro il pagamento di una retta – un servizio asilo nido. Ma i posti sono solo tre. Per questo la deputata di Forza Italia Laura Ravetto è sul piede di guerra e ha inviato una mail a tutti i deputati della Camera affinché venga affrontata la questione una volta per tutte.

Un tema cruciale che riguarda il rapporto tra la maternità – e, in misura crescente, la paternità – con i tempi proibitivi e le altre difficoltà della vita lavorativa. Se nelle imprese private l’impegno e le azioni concrete in tal senso sono maggiori, il comparto pubblico sconta un ritardo nella presa di coscienza del problema e dunque nell’affrontare le necessità delle centinaia di migliaia di mamme e papà in questa situazione.

Ravetto, da cosa ha origine la sua protesta?

«Un’istituzione come la Camera dei deputati dovrebbe dare il buon esempio. Dovrebbe organizzare per i nostri figli non dico un asilo interno ma almeno una convenzione con un asilo vicino, naturalmente a pagamento. E non solo per le deputate, anche per tutte le dipendenti della Camera. È una necessità».

Con sua figlia come si organizza?

«Il tema importante è che io, anche volendo, mia figlia Clarissa non posso portarla in Aula. Non la posso proprio portare sul mio posto di lavoro. Inoltre, non essendo noi residenti a Roma, non posso neanche accedere agli asili della Capitale. Dunque, da questo consegue che che ci dobbiamo arrangiare, tenere i nostri bambini lontani, con le tate, persone sconosciute. Io naturalmente mi organizzo, poi però non la menino con le culle vuote, non la menino che gli imprenditori devono fare gli asili interni. Certo, è una politica giusta: è vero che dovrebbero farli. Ma se la Camera dei deputati è la prima che non fa niente per dare il buon esempio allora il monito non funziona».

E ora è arrivato l’avvisto di questi tre posti al nido della camera.

«Questi tre posti sono una vera presa in giro, una grande beffa. Peraltro si parla di tre posti per fascia d’età, quindi uno per ogni fascia. E quale sarebbe il criterio per assegnare questi tre posti? Siamo 630, tante madri e giustamente potrebbero essere interessati anche i padri, Quali sono i criteri per la selezione? Perché si presuppone che abbiamo tutti lo stesso reddito. Cosa facciamo, estraiamo a sorte?».

Dunque ha intavolato questa protesta.

«Io ho scritto alla Camera proprio per mandare il messaggio: piuttosto è meglio che non facciate niente. Non possono imporre nulla alla società, non possono blaterare delle culle vuote, se loro sono i primi a non essere in grado di organizzare una cosa seria. Questi tre posti al nido in due stanzette senza personale che controlla sono una vera presa in giro».

Prima di questi tre, quanti posti c’erano a disposizione?

«Zero. Stiamo a blaterare su questi principi e poi non si fa nulla di concreto. Sono rimasta scioccata dal fatto che quando ho portato mia figlia una volta con me mi guardavano tutti male».

Di quanto è la retta?

«Per l’orario lungo 800 euro e per quello breve 600. Il dettaglio importante è che io non posso fare l’accesso all’asilo a Roma perché non sono residente qui. E noi deputati veniamo da tutta Italia. Non posso chiedere l’accesso né al pubblico né al convenzionato. Ma non è solo una questione nostra, è proprio un discorso simbolico quello che voglio far passare. E tutte le dipendenti della Camera? Le abbiamo dimenticate?»

È una necessità. Come per ogni altro posto di lavoro, del resto.

«Sì. Si ha bisogno di un asilo vicino. Non dico dentro la Camera, ma almeno nelle vicinanze. Invece non è mai stato fatto niente. Abbiamo avuto ministri per le Pari opportunità, presidenti della Camera che non hanno mai mosso un dito. E oggi ti muovi per tre singoli posti? Allora non chiedano alle imprese private di investire nella maternità, perché loro sono i primi a non curarsene. Io me la porterei in ufficio mia figlia, ma non posso entrare in Aula alla Camera con la mia bambina. Ma perché la devo lasciare lontana, con una persona estranea? Naturalmente il mio è un atteggiamento provocatorio affinché si affronti la questione. È una protesta simbolica».

Qualcuno all’Europarlamento è entrato col figlio al seguito in segno di protesta.

«Ma perché mi devo ridurre a questo? Ci vuole tanto a organizzare una soluzione in tal senso? Io non mi voglio fare pubblicità, non entrerò mai in Aula con Clarissa. Il mio atteggiamento provocatorio è finalizzato a un obiettivo ben preciso: io voglio che si cominci a parlare di maternità in modo serio in questo paese. Le madri sono dimenticate ovunque. Ovunque. La Camera dei deputati deve dare il buon esempio».

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