«La Mafia fu importata in Sicilia dagli islamici». Bufala (anche per colpire il Papa)

Papa Francesco, durante un incontro con docenti e studenti, ha ricordato che la Mafia non è stata inventata dai nigeriani, ma in Italia. Per attaccarlo, c’è chi prova a dare per assodato che l’origine sia araba o «islamica», ma gli studiosi non concordano

Il 6 aprile 2019, durante l’incontro con i docenti e gli studenti dell’Istituto San Carlo di Milano, Papa Francesco ha sostenuto che «la Mafia non è stata inventata dai nigeriani, è un – tra virgolette – valore nazionale: la Mafia è nostra, made in Italia». Il 7 aprile 2019 la pagina Facebook di ImolaOggi pubblica un post critico nei confronti delle dichiarazioni di Bergoglio:

«La Mafia fu importata in Sicilia dagli islamici». Bufala (anche per colpire il Papa) foto 1

La risposta contenuta nel post, a firma Armando Manocchia, sostiene che «la mafia, la cui parola viene dall’arabo “mo’afiah” che significa “arroganza, tracotanza, prevaricazione”, esattamente ciò che è l’islam, ce l’hanno portata proprio i suoi (isl)amici con l’invasione della Sicilia (tra l’827 e il 965). Inoltre, basterebbe sapere qual è l’ideologia nazista che impone la conversione o obbliga a pagare il ‘pizzo’».

Secondo quanto riportato dall’enciclopedia Treccani, la mafia sarebbe nata come «braccio armato della nobiltà feudale per la repressione delle rivendicazioni dei contadini». Dall’opera «Storia della mafia» di Salvatore Scarpino, all’interno di un documento del 1837 redatto dal funzionario del Regno delle Due Sicilie Pietro Calà Ulloa, riscontriamo una semplice descrizione del fenomeno siciliano:

Ci sono in molti paesi delle fratellanze, specie di sette che diconsi partiti, senza riunione, senza altro legame che quello della dipendenza da un capo, che qui è un possidente, là un arciprete. Una cassa comune sovviene ai bisogni, ora di fare esonerare un funzionario, ora di conquistarlo, ora di proteggerlo, ora d’incolpare un innocente… Molti alti magistrati coprono queste fratellanze di una protezione impenetrabile.

La parola «mafia» sarebbe comparsa per la prima volta nel 1863 come riportato dall’Accademia della Crusca attraverso lo studio di Alberto Nocentini:

La comparsa di mafia è più o meno coeva a quella di camorra, ma priva di precedenti anteriori al periodo postunitario: attraverso il derivato mafioso figura nel testo teatrale di Giuseppe Rizzotto I mafiusi di la Vicaria di Palermu (1863) e la sua registrazione ufficiale nella lessicografia si deve al Nuovo vocabolario siciliano-italiano di Antonino Traina (Palermo, 1868-1873) coi significati di ‘braveria, baldanza, tracotanza, pottata, spocchia’ e infine ‘nome collettivo di tutti i mafiosi’. La presenza di una -f- in posizione interna, estranea alla tradizione latina, e la sua peculiarità di voce siciliana, hanno indirizzato la ricerca delle origini verso l’arabo e in questa direzione, la proposta che riscuote più consensi è quella dell’adattamento del prestito maḥyāṣ ‘smargiasso’, col derivato maḥyaṣa ‘smargiassata millanteria’, nella riformulazione di Salvatore Trovato (Atti del XXI Congresso Internazionale di Linguistica e Filologia Romanza, Vol. III, Tübingen, Niemeyer, 1998, pp. 919-925). 

In seguito, Nocentini cita la «meno fortunata» origine araba citata da ImolaOggi, ma rilevando un problema:

Se dovessimo propendere per l’arabismo, questa seconda ipotesi ci sembrerebbe preferibile, perché comporta un adattamento minimo in quanto il segmento iniziale mo’a– si riduce facilmente a ma–. Ma le difficoltà dell’arabismo sono altre, prima di tutte la datazione: è difficile accettare una trasmissione sotterranea di almeno otto secoli, se si attribuisce il prestito al periodo della dominazione araba della Sicilia, e d’altra parte, se si sostiene la sua adozione recente, si ha l’obbligo di indicarne e motivarne il tramite attraverso i documenti.

La spiegazione di Nocentini prosegue con riferimenti ai dialetti italiani, fino a citare il nome proprio «Maffeo» e l’apostolo Matteo:

A differenza degli altri apostoli, semplici pescatori che avevano seguito Gesù senza cerimonie, Matteo, da ricco pubblicano, solennizza l’avvenimento con un atto di magnificenza: “Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C’era una folla di pubblicani e d’altra gente seduta con loro a tavola” (Luca 5, 29). Per gli ascoltatori delle letture domenicali questi elementi erano più che sufficienti a caratterizzare il tipo che trasforma un evento personale in un’esibizione di lusso e di superiorità, che fa la maffia.

Secondo Vincenzo Mortillaro, nell’opera «Nuovo Dizionario Siciliano-Italiano» del 1876, la parola «Mafia» sarebbe una «Voce piemontese introdotta nel resto d’Italia ch’equivale a camorra». Come possiamo notare, di fatto gli studiosi non fanno riferimento a origini arabe o «islamiche» della malavita organizzata siciliana.

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