Cucchi, chiesto il processo per otto carabinieri accusati di depistaggio

di OPEN

Chiesto il rinvio a giudizio per i militari protagonisti di tre diversi depistaggi dal 2009 ad oggi

Nove anni dopo il pestaggio e la morte di Stefano Cucchi e il giorno dopo la prima stretta di mano tra il carabiniere che ha ammesso di averlo visto gonfiare di botte e la sorella Ilaria, la procura chiede il processo per otto militari dell’Arma nell’ambito dell’inchiesta sui depistaggi che avrebbero rallentato e danneggiato l'inchiesta.


A vario titolo, sono contestati i reati di falso ideologico, omessa denuncia, favoreggiamento e calunnia e nell'elenco, come si leggeva già nell'avviso di conclusione delle indagini, c'è anche il generale Alessandro Casarsa, all'epoca comandante del gruppo Roma.


Cucchi, chiesto il processo per otto carabinieri accusati di depistaggio foto 1

Ansa|Tedesco è imputato nel processo Cucchi bis, accusato di omicidio preterintenzionale insieme ai suoi colleghi Raffaele D'Alessandro e Alessio Di Bernardo.

Le accuse, formulate dal pm Giovanni Musarò e dallo stesso procuratore Giuseppe Pignatone, sono collegate in particolare alle due annotazioni di servizio scritte dai due piantoni che avevano sorvegliato il giovane geometra, la notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009 nella caserma di Tor Sapienza.

Le relazioni "dimenticate"

Per entrambe le relazioni, erano state inserite modifiche di peso sullo stato di salute di Cucchi (nelle versioni "edulcorate" si parlava di un dolore alle osse dipendente «dalla temperatura fredda/umida e dalla rigidità della tavola del letto dove comunque aveva dormito per poco tempo, dolenzia accusata per la sua accentuata magrezza» mentre il malessere era attribuito «al suo stato di tossicodipendenza»).

Ma i due testi erano rimasti agli atti, in Caserma. Eppure, quando nel 2015 gli uomini del Nucleo investigativo su ordine della procura arrivano con l'ordine di prendere ogni documento sul caso Cucchi, si accorgono dell'esistenza di due relazioni ma non segnalano nulla al pm: le relazioni restano in un mucchio di carte, circa 20mila fogli.

A rispondere di questa omissione, sono il colonnello Lorenzo Sabatino, già responsabile del Nucleo operativo, e il capitano Tiziano Testarmata, già comandante della quarta sezione del Nucleo investigativo, che rispondono di favoreggiamento ed omessa denuncia.

Il registro sbianchettato

Testarmata, una volta scoperto che era stato alterato il registro di fotosegnalamento dell'epoca con il nome di Cucchi "sbianchettato" – così che sparisse ogni riferimento al fatto che i carabinieri avevano provato a fotosegnalarlo – non solo non acquisì il documento originale, ma neppure scrisse nella relazione che i segni del bianchetto erano evidenti.

Le omissioni del 2009

L'inchiesta mette insieme depistaggi vecchi e nuovi. A rischiare il processo adesso ci sono appunto Casarsa, il colonnello Francesco Cavallo, a suo tempo ufficiale addetto al comando del gruppo Roma, il colonnello Luciano Soligo, all'epoca dei fatti comandante della Compagnia di Montesacro, da cui dipendeva il comando di Tor Sapienza (dove Cucchi venne portato dopo essere stato picchiato al Casilino), e poi Massimiliano Colombo Labriola, luogotenente e comandante di Tor Sapienza, Francesco Di Sano, carabiniere scelto in servizio presso Tor Sapienza: per tutti l’accusa è di falso. Nel loro caso i fatti sono del 2009 e del periodo immediatamente successivo alla morte di Cucchi, quando la doppia relazione fu confezionata.

La calunnia contro il primo testimone

Tra gli otto militari dell’Arma, finiti nel mirino dei magistrati, c'è infine, Luca De Cianni che in una nota di pg del 2015 – cioè appena la nuova inchiesta era effettivamente ripartita – accusò Casamassima, pur sapendolo innocente, di aver fatto dichiarazioni gradite alla famiglia Cucchi dietro la promessa di soldi da parte di Ilaria, sorella di Stefano.

Casamassima, che per aver collaborato con la magistratura e aver dato un impulso significativo alle nuove indagini ha subito pressioni e ritorsioni, nella versione dei fatti di De Cianni gli avrebbe riferito che Cucchi la sera dell'arresto tentò gesti di autolesionismo e che fu solo schiaffeggiato, non certo pestato. Dichiarazioni false che De Cianni ha confermato anche in un interrogatorio fatto alla squadra mobile.

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