L’omosessualità conservatrice di Zeffirelli: «Non chiamatemi gay»

«Sono omosessuale, non sono gay», diceva il regista, contrario ai matrimoni fra persone delle stesso sesso e alle adozioni

Franco Zeffirelli, morto ieri 15 giugno, era certamente un conservatore. Ma in tutta la sua vita le sue scelte artistiche e personali sono state decisamente eretiche. Basterebbe ricordare che ha portato nei teatri di tutto il mondo il melodramma, mentre il teatro d’avanguardia andava a contaminare e addirittura scalzare quello borghese.


Come capita a molti artisti, soprattutto a quelli che hanno la fortuna di avere una lunga vita, nei racconti dell’ultimo Zeffirelli le scelte professionali si mescolano a quelle private in un intreccio inestricabile. Così il tema della sua omosessualità, soprattutto negli ultimi anni, in tempi in cui è più facile affrontare il tema rispetto a quelli in cui è cresciuto il regista, ha finito per sintetizzare quello dell’artista eretico.


«Sono omosessuale, non sono gay», diceva Zeffirelli per cui la parola inglese sarebbe stata «frutto della cultura puritana, una maniera stupida di chiamare gli omosessuali, per indicarli come fossero dei pazzerelli». La sua fede cattolica non rappresentava per lui un conflitto con la propria sessualità perché «il peccato della carne» è «tale se compiuto con un uomo o con una donna».

Nel suo approccio alle tematiche LGBTQ c’era anche una lettura storica: «Essere omosessuale – spiegava ancora in un’intervista all’Espresso del 2013 – è un impegno molto serio con noi stessi e con la società. Una tradizione antica e spesso di alto livello intellettuale».

Zeffirelli pensava al Rinascimento, ma anche all’epoca classica: «Nella cultura greca l’esercito portava gran rispetto a due guerrieri che fossero amici e amanti, perché in battaglia non difendevano solo la patria, ma reciprocamente anche se stessi, offrendo una raddoppiata forza contro il nemico».

Diverso invece il suo giudizio sulle forme contemporanee, anche culturali, con cui gli omosessuali si pongono nei confronti della società e le modalità con cui da questa vogliono essere riconosciuti. Netto, ad esempio, il suo giudizio sui Pride: «Esibizioni veramente oscene, con tutta quella turba sculettante».

Contrario anche ai matrimoni fra persone dello stesso sesso e alle adozioni, Zeffirelli, per cui «non c’è alcun bisogno di mettersi lì a creare una pseudofamiglia “legale” a vanvera, per me ridicola e inaccettabile. Basta sistemare le cose tra persone civili: se viviamo insieme e magari compriamo una casa, chiariamo anche le questioni delle quote, tra persone intelligenti che si vogliono bene».

Il regista sul tema poneva anche una questione anagrafica. Ricordando di avere molti amici gay che vivono in coppia, specificava però che si tratta di «scelte mature, ponderate. In età più giovane, ci si prende, ci si lascia con grande facilità: non c’è un legame di consacrazione e quindi si tende a svicolare. È un mondo incostante, insomma».

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