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La Lega alla conquista di Roma, chi sono le tre donne candidate per togliere il Campidoglio al M5s

Mancano ancora due anni alle elezioni comunali nella Capitale, ma Salvini lancia già il guanto di sfida. Chi sarà il suo candidato?

Dopo mesi di polemiche e di botta e risposta fra la sindaca di Roma Virginia Raggi e il ministro dell’Interno Matteo Salvini, è arrivata la conferma dell’intenzione del leader della Lega di lanciarsi alla conquista del Campidoglio. Non solo più gli attaccati alla gestione della Capitale da parte della giunta pentastellata (pars destruens), ma anche l’annuncio di un lavoro sui territori e di un programma in discontinuità con l’attuale amministrazione (pars costruens).

Le mosse di avvicinamento di Salvini

Ora però, per passare dalla teoria alla pratica, il titolare del Viminale ha davanti un nodo non semplice da sciogliere: quello di trovare una figura che possa avere delle reali chance di diventare il primo cittadino (o, come vedremo, la prima cittadina) della Città Eterna. Qualche mese fa lo stesso Salvini aveva dichiarato: «Quando cammino per le strade di Roma mi dicono “daje Mattè, vieni a fà er sindaco”. Per ora faccio il ministro, ma se ci chiamano noi ci siamo».

Quel «per ora faccio il ministro» era parso a qualcuno una candidatura in prima persona: difficile però immaginare che il segretario della Lega, lanciatissimo dopo i risultati delle elezioni europee e definito da più parti il “premier in pectore”, possa rinunciare alla guida del governo – per ora solo politica, domani, probabilmente, diretta – per la carica seppur prestigiosa di sindaco di Roma.

Il profilo del candidato

A Roma si voterà, a meno di imprevedibili colpi di scena, nella primavera del 2021. Salvini ha in pratica due anni per trovare un candidato vincente per il Campidoglio. Due anni nella politica contemporanea sono un’eternità: va perciò premesso che a ipotizzare chi potrà essere l’alfiere leghista per la conquista di Roma oggi, dato lo status quo, si rischia di essere smentiti nei prossimi mesi dall’evolversi delle vicende politiche.

La discontinuità con la giunta Raggi

Detto ciò, un ritratto del possibile candidato si può azzardare. Intanto deve essere una figura che segni una netta discontinuità dalle scelte dall’amministrazione Raggi e più in generale del Movimento 5 Stelle: questo fa propendere per un esponente della Lega (o del centrodestra) che abbia manifestato posizioni non sempre concilianti con gli alleati di governo.

Nessuna ombra per la leadership di Salvini

In secondo luogo, per avere la benedizione di Salvini, il profilo dell’aspirante primo cittadino, dovrà essere quello di chi non corra il rischio di impensierire la leadership del ministro dell’Interno: la gestione di Roma è un’enorme gatta da pelare, ma anche un gigantesco palcoscenico.

La prova generale delle politiche per i sovranisti

Terzo e ultimo, ma non secondario elemento, la scalata di Roma sarà certamente uno dei passaggi per la costruzione di quell’alleanza di centrodestra-destra sovranista, a quanto pare con Forza Italia fuori dai giochi, che aspira al governo del Paese e che oggi i sondaggi danno vicinissima ai numeri per farlo. Insomma, Roma come la prova generale per la conquista dell’intero Paese. La scelta del candidato passerà certamente anche attraverso queste considerazioni.

La Lega a sud del Rubicone

C’è poi da fare un considerazione di ordine generale. Se la Lega è diventata, anche elettoralmente – e ce lo dicono i risultati delle ultime elezioni amministrative (sia regionali che comunali) – una forza nazionale, non ha al Centro-sud una classe dirigente solida con un’esperienza amministrativa di lungo corso come quella maturata in decenni al Nord.

A sud del Rubicone (fino a poco tempo fa si sarebbe detto “a sud del Po”) il Carroccio non può contare su uno Zaia, nome che per altro soddisferebbe la seconda caratteristica del profilo tracciato, ma risulterebbe scelta piuttosto barocca rispetto alle altre.

L’ipotesi Meloni

Premesso tutto ciò, sic stantibus rebus, la rosa dei nomi fra cui Salvini potrebbe scegliere si ridurrebbe a tre possibili candidati: e potrebbe essere una sfida tutta al femminile. In pole position, stando a quanto riferiscono i ben informati, ci sarebbe il nome di Giorgia Meloni. Seguirebbero staccate la ministra Giulia Bongiorno e la deputata leghista (romana) Barbara Saltamartini.

La soluzione Meloni in realtà sarebbe l’uovo di Colombo. L’ex ministro aveva sfidato, poi sconfitta, la Raggi nel 2016: dichiarandosi deluso dall’attuale prima cittadina, Salvini potrebbe tranquillamente appoggiare chi si era candidata contro di lei con un programma alternativo.

Inoltre, Meloni incarna tutte le altre caratteristiche ideali del profilo: non fa parte del governo gialloverde e una sua eventuale vittoria potrebbe fare da apripista al successo sovranista alle elezioni politiche (se non si voterà prima). La leader di Fratelli d’Italia, poi, seppur ormai unica alternativa nel centrodestra a Salvini, non ha elettoralmente il peso specifico necessario per impensierire la leadership del ministro dell’Interno.

L’ipotesi Saltamartini

Tra i nomi che circolano con più insistenza c’è quello di Barbara Saltamartini, salviniana della prima ora, proveniente dal mondo di An. Deputata alla terza legislatura, ora è presidente leghista della commissione Attività produttive della Camera e sicuramente una figura di punta della Lega sul territorio romano. Ecco perché Matteo Salvini potrebbe esprimere lei come candidata sindaca.

Dalla sua ha il fatto di essere stata tra i primi a puntare sul Carroccio, quando la Lega era ancora una scommessa e i risultati di oggi erano quantomeno inimmaginabili. Tutte le volte che è venuto fuori il suo nome per Roma, lei ha reagito sminuendo la circostanza e citando spesso una battuta di sua nipote: «Zia se diventi sindaco ti regalo una scopa così pulisci questa città».

L’ipotesi Bongiorno

Discorso diverso è quello di Giulia Bongiorno, storico avvocato di Giulio Andreotti, molto stimata nei palazzi della Roma che conta. Ha dalla sua l’atteggiamento serio e austero, una personalità forte e decisa, un senso del dovere che sembra essere la sua priorità. Potrebbe essere una Margareth Thatcher in versione italiana – o romana se davvero venisse espressa come candidata.

In ogni sua uscita o intervista, la ministra per la Pubblica amministrazione, non risparmia mai dure critiche e affondi alla sindaca Raggi. E proprio questo suo atteggiamento critico nei confronti dell’amministrazione capitolina ha fatto pensare a un interessamento particolare verso il ruolo di sindaca e alle mire del Campidoglio. Ambizioni che però la diretta interessata ha sempre smontato: «Non voglio fare il sindaco, ma amo Roma e vederla in questo stato mi addolora».

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