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CasaPound, tempi lunghi per lo sgombero a Roma?

21 Luglio 2019 - 11:42 Redazione
«Quando arriveranno qui saranno cambiati sindaco, governo e presidente della Repubblica», chiosano da CasaPound. Ma la stretta del Demanio potrebbe accelerare i tempi

Tempi lunghi per l’annunciato sgombero di CasaPound Italia dal palazzo occupato da 15 anni in centro a Roma, in via Napoleone III. È quello che dicono i militanti della tartaruga frecciata in un articolo pubblicato oggi da La Stampa.

Lo stabile, infatti, non è tra i 25 del piano per gli sgomberi di Viminale e prefettura di Roma: quattro all’anno a partire dalla primavera del 2020, più due sgomberi da attuare entro il 2019. «Quando arriveranno qui saranno cambiati sindaco, governo e presidente della Repubblica», chiosano da CasaPound.

L’agenzia del Demanio, però – proprietaria dell’immobile – ha avviato la procedura per lo sgombero dei locali occupati dal movimento ed ex partito di estrema destra. E questo potrebbe accelerare i tempi. La Corte dei Conti ha quantificato 4,6 milioni di ‘danni’ a carico dei funzionari ritenuti responsabili del mancato sgombero. Se dovesse scattare il sequestro da parte dell’autorità giudiziaria, «la posizione di CasaPound sarà valutata come tutti gli altri», assicura la prefetta di Roma Gerarda Pantaleone.

Di sgomberi e occupazioni

«Noi siamo contrari a tutti gli sgomberi», dice l’ormai ex segretario Simone Di Stefano. «Non c’è differenza tra l’occupazione di CasaPound e quelle “rosse”, laddove ci siano cittadini italiani o immigrati regolari». Perché «il problema non si risolve buttando in strada le famiglie».

A via Napoleone III ci sono 18 appartamenti in cui vivono una sessantina di persone, tutte – ha sempre ripetuto CasaPound, in «disagio abitativo». E italiane. Il movimento, scrive La Stampa, non esclude il ricorso al Tar: «Occupanti abusivi sì, ma qui tutti hanno la residenza, pagano le tasse e sono anche pronti a saldare il conto dell’energia elettrica». 300mila euro: 100mila subito, gli altri a rate. Ma Acea avrebbe detto di no.

«Gli sgomberi sono operazioni a costo zero che hanno un ritorno elettorale», dice Di Stefano. Non solo: una stagione di sgomberi «potrebbe dare il via a una nuova stagione di occupazioni, anche se Salvini ha inasprito le pene per chi le promuove».

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