Chi è Aleksandr Dugin, il filosofo amato dai sovranisti che potrebbe essere lo stratega dell’incontro al Metropol

57 anni, moscovita, considerato in Europa «il Rasputin del Cremlino» e il «consigliere di Putin», ma in realtà non sarebbe così influente come molti credono, o almeno come ha creduto Savoini

C’è chi lo descrive come «ideologo di Putin», chi vede in lui il faro dei populismi europei. Quello che è certo è che non è semplice trovare una definizione per Aleksandr Dugin, filosofo e politologo russo, personaggio mutevole e contradittorio. Basti pensare che negli anni ’80 ha esordito come giornalista: i suoi articoli erano diffusi clandestinamente nella Russia sovietica, ma poi nel periodo del tramonto dell’Urss si è opposto alla dissoluzione. Considera morta l’ideologia nazista, ma allo stesso tempo ne ha più volte utilizzato i simboli. Negli ultimi giorni ha fatto parlare di sé per una foto che lo ritrae accanto al leghista Gianluca Savoini proprio davanti al Metropol. L’immagine è stata scattata il 17 ottobre 2018 quando Matteo Salvini era in Russia, il giorno precedente all’ormai celebre incontro nell’hotel russo. Ma chi è Aleksandr Dugin, cosa c’entra con i sovranisti e perché avrebbe avuto un ruolo centrale nella trattativa dell’affare Metropol?


Dai simboli nazisti al partito Eurasia

Il simbolo del Partito Nazional-Bolscevico fondato da Alksandr Dugin e Eduard Limonov

Dugin nasce a Mosca nel 1962, suo padre faceva parte dei servizi segreti, sua madre era un medico. Si iscrive prima alla facoltà di Aeronautica, che abbandona per laurearsi in filosofia. Nel ‘93 fonda il Partito Nazional-Bolscevico insieme a Eduard Limonov, politico e scrittore, per «salvare l’eredità bolscevica». Il simbolo? Falce e martello neri all’interno di un cerchio bianco su sfondo rosso che rimanda chiaramente alla bandiera nazista. Oggi il partito è fuorilegge in Russia. Nel 2000 poi fonda il partito Eurasia, che poi diventa “movimento”, con l’intenzione di mettere la Russia al centro di una coalizione che guidi un “impero euro-asiatico” in grado di contrapporsi all’Occidente. Tra i Paesi che potrebbero far parte di questa coalizione l’Iran e la Turchia.


La Quarta Teoria Politica e i populismi

Oggi però Dugin è conosciuto soprattutto per la sua “Quarta Teoria Politica”, riassunta in un libro, tradotto anche in italiano. Secondo questa teoria, in breve, Dugin considera tramontate le ideologie che hanno caratterizzato il 20esimo secolo come fascismo, comunismo e liberalismo. Ed è qui che si inserisce il populismo considerato da Dugin come «una reazione alle élite globali e liberali». Proviene dal popolo, è un concetto nuovo ed estraneo alle ideologie novecentesche, di conseguenza può considerarsi espressione della sua “Quarta Teoria Politica”. In questo senso per Dugin l’Italia è l’ «avanguardia geopolitica portatrice della Quarta Teoria Politica» e la formazione di un governo Lega-M5S è «il primo passo storico verso l’affermazione irreversibile del populismo e la transizione verso un mondo multipolare». Dichiarazioni che Dugin aveva rilasciato alla stampa durante un viaggio in Italia lo scorso giugno. Durante quel viaggio Dugin ha partecipato a diversi convegni: a Roma nella sede di CasaPound, a Gavirate, in provincia di Varese, ospite della cooperativa Arnia, di cui è presidente Ines Pedretti candidata per il Movimento nazionalista e socialista dei lavoratori (Nsab), considerato filonazista. Lì Dugin ha ricevuto in regalo la Lanterna di Yule delle SS.

Il filosofo russo è considerato anche faro di altri movimenti populisti europei come il tedesco Afd e il francese Fronte Nazionale di Marine Le Pen. Nei circoli dei partiti sovranisti è stato accolto e ascoltato grazie alla sua presunta vicinanza a Vladimir Putin. Spesso Dugin è stato presentato dai quotidiano come «Rasputin del Cremlino» e «consigliere di Putin». Lo scorso febbraio, nel programma Rai Mezz’ora in più è stato definito «uno tra i più ascoltati dal presidente Putin».

È davvero il consigliere di Putin?

In realtà ci sono diversi dubbi su quanta influenza abbia sulle politiche di Putin. Secondo i due think tank, Rand e Kennan Institute, Dugin non avrebbe alcuna influenza in Russia. «Non è possibile che Putin legga Dugin, che abbia contatti con lui, che cerchi appoggio nella sua ideologia, e non ci sarebbe neppure bisogno di ricordare che Dugin ha perduto negli ultimi anni persino la cattedra alla Facoltà di Studi sociali dell’Università di Mosca, per segnare la distanza con il Cremlino». Sulle pagine de Il Foglio, Luigi De Biase, esperto di Europa dell’Est, ha definito così i rapporti tra Dugin e Putin.

Il ruolo nella trattativa al Metropol

Sembrerebbe dunque che Dugin sia meno influente di ciò che gli europei sono abituati a pensare. Ma sarebbe bastata la sua presunta vicinanza a Putin per convincere Savoini a fare di lui lo stratega delle trattative a Mosca. La foto scattata dimostra che Dugin si è incontrato con Savoini e Francesco Vannucci, entrambi presenti all’incontro con cui il leghista avrebbe cercato di portare avanti trattative con tre russi per ottenere fondi per la corsa alle europee della Lega. Inoltre lo stesso Savoini nomina Dugin al tavolo nella hall del Metropol: «Anche ieri Aleksander ha detto che la cosa importante è che siamo solo noi. Tu, Francesco e io. Nessun altro», si sente dire negli audio diffusi da BuzzFeed. Che ruolo abbia avuto realmente Dugin nella presunta trattativa sarà difficile da stabilire, mentre che ruolo abbia avuto Savoini lo stabilirà la magistratura.

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