Formigoni fuori dal carcere perché «la collaborazione è impossibile». Ma la pm Pedio non è d’accordo

Secondo il Fatto Quotidiano, l’ex governatore della Lombardia potrebbe dire dove sono i soldi, «ma non gli conviene»

L’ex governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, è stato condannato a 5 anni e 10 mesi di carcere. Dopo 5 mesi in carcere, però, il tribunale di Sorveglianza ha concesso i domiciliari: i magistrati ritengono che la collaborazione con Formigoni non possa dare ulteriori riscontri e che l’ex “Celeste” abbia ammesso «il disvalore» del suo comportamento. Insomma, nessuna certezza “sull’utilità” della sua permanenza in carcere.


Il parere del procuratore aggiunto Laura Pedio

Un pm di Milano, Laura Pedio, non è dello stesso parere: «Quest’Ufficio ritiene di non poter affatto escludere l’utilità» di un’eventuale collaborazione, sostiene il procuratore aggiunto di Milano, come si legge sul Fatto Quotidiano. «Formigoni – continua – certamente potrebbe e può oggi collaborare proficuamente per consentire l’esecuzione delle cospicue confische per equivalente attraverso il recupero di denaro e beni». Si tratta di ingenti somme di denaro e beni di valore sui quali l’autorità giudiziaria non è riuscita a mettere le mani «perché si trovano in Paesi che non hanno collaborato (Panama, Seychelles, Bahamas, Malta) – scrive Pedio. Si tratta – Di beni tuttora nella disponibilità di Formigoni (come i quadri che gli sono stati confiscati) – il quale, se volesse, potrebbe – rendere così possibile per lo Stato il recupero di parte dell’ingente danno patrimoniale».


Un affare enorme

Il procuratore aggiunto non condivide, dunque, la misura dei domiciliari per Formigoni. L’ex governatore potrebbe aiutare i magistrati ad «accertare eventuali altri fatti di corruzione, ovvero di riciclaggio o di autoriciclaggio – scrive Pedio -. Non vi sono elementi certi che consentano a quest’Ufficio di ritenere, ma neppure di escludere, che l’organizzazione criminale con cui il condannato era legato sia, allo stato, ancora operante». Pedio non usa mezzi termini quando afferma che Formigoni «è l’assoluto protagonista dell’affaire delle tangenti lombarde perché senza il suo contributo, il programma criminoso del sodalizio non avrebbe potuto trovare realizzazione».

Il Caso Maugeri – San Raffaele in cinque punti

  • Giugno 2012: Formigoni viene indagato perché, durante i suoi mandati come presidente della Regione Lombardia, avrebbe emanato 15 delibere in favore della Fondazione Maugeri. Vacanze, cene e finanziamento della campagna elettorale la merce di scambio;
  • 8 maggio 2013: Formigoni viene rinviato a giudizio. L’accusa dei pm è di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione;
  • 22 dicembre 2016: i magistrati condannano l’ex governatore a 6 anni di carcere per il reato di corruzione. Cade invece l’accusa di associazione a delinquere;
  • 19 settembre 2018: la Corte d’Appello aumenta la pena a 7 anni e mezzo di carcere;
  • 21 febbraio 2019: la Corte di Cassazione condanna Formigoni in via definitiva a 5 anni e 10 mesi. Il 22 febbraio viene trasferito nel carcere di Bollate. Trascorre nella struttura 5 mesi: il 22 luglio il tribunale di Sorveglianza gli concede i domiciliari.

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