Precari della Pubblica amministrazione discriminati, avviata procedura d’infrazione Ue contro l’Italia

Secondo la Ue non sarebbe garantita parità di trattamento fra i dipendenti del comparto pubblico a tempo indeterminato e i colleghi assunti a tempo determinato

L’ombra di una nuova procedura d’infrazione sull’Italia. Questa volta non per i conti pubblici, ma per i contratti della Pubblica Amministrazione. Ad aprirla è stata la Commissione Europea con rifermento ai rapporti di lavoro a termine nel pubblico impiego per discriminazione dei lavoratori.


Le categorie bistrattate

La direttiva Ue prevede che i lavoratori a tempo determinato possano usufruire delle stesse condizioni dei colleghi a tempo indeterminato nelle posizioni comparabili. Secondo Bruxelles, la legislazione del nostro Paese «esclude da questa protezione diverse categorie di lavoratori del settore pubblico» fra cui la scuola e la sanità.


Fra le categorie del settore pubblico, nelle quali non sarebbe garantita la parità di trattamento, elencate nel dettaglio dalla Commissione, troviamo gli insegnanti, il personale sanitario, i lavoratori del settore dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica, il personale di alcune fondazioni di produzione musicale, il personale accademico, i lavoratori agricoli e il personale volontario dei vigili del fuoco nazionali.

La Direttiva europea

La Direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999 (relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato) deve essere applicata a tutti i comparti della pubblica amministrazione.

Cosa succede adesso

Secondo la Commissione Ue l’Italia non avrebbe «predisposto garanzie sufficienti per impedire le discriminazioni in relazione all’anzianità». Quali saranno le conseguente del provvedimento? Intanto, entro sessanta giorni il nostro Paese dovrà rispondere alle argomentazioni della Commissione, pena l’avvio della seconda fase della procedura.

Nel caso in cui l’Italia continui a non rispettare la Direttiva e a non rispondere alla Commissione, la stessa potrebbe ricorrere alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea con un ricorso per inadempimento. Se nel frattempo da Roma non arrivassero provvedimenti anche normativi per parificare i trattamenti dei dipendenti della PA, l’Italia, a quel punto, potrebbe incorrere in sanzioni.

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