Perché Enrico Giovannini è il candidato che potrebbe mettere d’accordo 5 Stelle e Pd

Ex presidente dell’Istat e ministro del Lavoro del governo Letta, l’economista ha una sensibilità molto vicina al welfare del Movimento di Grillo

Quando Nicola Zingaretti afferma che il nuovo, eventuale, governo Movimento 5 Stelle – Pd dovrà ruotare intorno a temi di sostenibilità ambientale appare verosimile l’influenza di Enrico Giovannini, uno dei nomi più caldi per guidare l’esecutivo: è stato lui l’accompagnatore di Greta Thunberg durante la sua visita a Roma ed è tra i fondatori di Asvis, l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile. Ci sono alcuni indizi che fanno dunque di Giovannini – già ministro del Lavoro del governo di Enrico Letta – un papabile presidente del Consiglio in grado di mettere d’accordo Dem e 5 Stelle.


Un nome «amico»

Agli albori del Movimento 5 Stelle, i parlamentari strinsero un buon rapporto con l’allora ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Giovannini. Era ottobre 2013 e sul sito del Movimento i parlamentari invitavano gli attivisti a formulare delle domande da sottoporre a Giovannini per dialogare sul sistema pensionistico italiano. In tempi non sospetti, prima delle elezioni di marzo 2018, Giovannini invitava, a più riprese, il centrosinistra a riorganizzarsi. L’auspicio è che potesse recuperare quei temi che i 5 Stelle avevano incarnato: lo sviluppo sostenibile, le politiche sociali e d’inclusione e la transizione ecologica. Argomeni accostabili all’idea di welfare a 5 Stelle.


Sul reddito di cittadinanza che il Movimento proponeva nella sua campagna elettorale, Giovannini disse: «La proposta formulata dai 5 Stelle è molto simile al reddito di inclusione che a sua volta è molto simile al sostegno per l’inclusione attiva che avviai io quando ero ministro. Credo che sia ormai un’opinione comune che non bisogna lasciare sole le persone che in qualche modo cadono nella trappola della povertà. E la povertà non è solo mancanza di reddito. Quindi su quello credo che si possa facilmente trovare un accordo tra tutte le forze politiche ed è quello che auspico».

Poi ci furono le elezioni, lo stallo di tre mesi e tanti nomi proposti per guidare l’esecutivo M5S-Lega. Tra di essi, ci fu proprio quello di Enrico Giovannini: l’ex presidente dell’Istat risultava una figura molto gradita a Luigi Di Maio e anche l’influente Lorenzo Fioramonti supportò la sua nomina. L’economista scrisse addirittura la prefazione del libro di Fioramonti, Presi per il Pil. Per ultimo, anche sulla legge sulle pensioni di Elsa Fornero, nemica del Movimento, Giovannini aveva più volte dichiarato la necessità di un suo superamento graduale.

La (com)missione impossibile

Un’altra battaglia dell’economista, che il Movimento 5 Stelle ha condiviso a pieno con un’autoregolamentazione, è il taglio degli stipendi dei parlamentari per adeguarli sugli standard europei. La cosiddetta Commissione Giovannini si pose come obiettivo quello di diminuire le retribuzioni dei politici, ma l’esperienza si scontrò con i paletti burocratici e i tempi stretti. «Nonostante l’intenso lavoro svolto nei mesi scorsi – spiegava il presidente nel 2011 – i vincoli posti dalla legge, l’eterogeneità delle situazioni riscontrate negli altri Paesi e le difficoltà incontrate nella raccolta dei dati non hanno consentito alla Commissione di produrre i risultati attesi». Nulla di fatto, se non l’invito ai politici di riconsiderare la normativa vigente.

Chi è Enrico Giovannini?

A 62 anni, l’economista ed esperto di statistica è stato chief Statistician dell’OCSE nel periodo 2001-2009, poi presidente dell’Istat fino al 2013 e, per ultimo, ministro del Lavoro nel governo Letta, fino al febbraio del 2014. Oggi ricopre l’incarico di professore ordinario di Statistica economica all’università di Roma Tor Vergata ed è docente di Public management presso il dipartimento di Scienze politiche dell’università Luiss di Roma.

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