«No alla mafia», striscione in chiesa: le donne del clan contro il prete

Quando i mariti finiscono in carcere, le donne del clan si interessano dei business criminali e non si fermano davanti a nessuno

Padre Nicola ha la coscienza pulita, è un uomo libero che non si ferma nemmeno davanti ai malumori di cosa nostra. La sua “colpa”? Aver esposto uno striscione antimafia in chiesa. Un gesto normale se fatto in qualsiasi altra città, ma non a Passo di Rigano (Palermo): lì dove nessuno aveva mai osato andare oltre come racconta Repubblica Palermo in un articolo firmato da Salvo Palazzolo.


Le donne del clan

«Padre Nicola ha messo lo striscione “no alla mafia” in chiesa, ha sbagliato» diceva Antonina Inzerillo, figlia di Tommaso, cugino di Salvatore, capomafia di Passo di Rigano ucciso da Riina nel 1981 e ritenuto uno degli esponenti del clan mafioso colpito da un blitz della Procura del 17 luglio scorso. Antonina non si capacitava del coraggio di Padre Nicola, del suo gesto.


Le intercettazioni risalgono a maggio 2018 e svelano qual è il ruolo delle donne del clan, tutte gelosamente custodi di una cultura mafiosa che ancora resiste, nonostante il lavoro quotidiano di forze dell’ordine e magistratura.

Le minacce

E se i mariti finiscono in carcere – racconta Repubblica Palermo – loro non si arrendono, anzi. Un giorno dell’anno scorso, Giuseppa Spatola, moglie del boss dell’Uditore Calogero Mannino, fece irruzione nell’appartamento del vecchio capomafia Tommaso Inzerillo poiché non le avrebbero fatto affittare un immobile a un commerciante che avrebbe finito per fare concorrenza a un altro negoziante, ritenuto protetto dalla cosca.

«Non sono una qualsiasi , mio marito è da dodici anni che è là (in carcere, ndr) e la gente la conosco» e ancora «Poi quando esce, chiariamo tutto», queste alcune delle minacce. Tutte rivolte ad Inzerillo.

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