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Scissione Pd, il divorzio divide anche i giovani (e giovanissimi) dem: c’è chi frena, ma anche chi non vede l’ora

15 Settembre 2019 - 20:23 Felice Florio
Sette ragazzi, più o meno vicini a Matteo Renzi, danno la loro visione sul futuro del Partito democratico

I fedelissimi di Matteo Renzi, Ettore Rosato e Ivan Scalfarotto, parlano già di «separazione consensuale». Secondo alcune indiscrezioni sarebbero già pronti i gruppi parlamentari della nuova formazione renziana. Carlo Calenda attacca: «Scissione dopo aver occupato i posti di Governo». Dario Franceschini, da Cortona, cerca di ricucire lo strappo: «Il Pd è casa tua». Nel marasma di dichiarazioni e retroscena, abbiamo chiesto a sette giovanissimi sostenitori dem, più o meno vicini a Matteo Renzi, cosa ne pensino di un’eventuale scissione. Ecco la loro visione sul futuro del partito con il quale si sono avvicinati alla politica.

«Mai più Bersani e D’Alema nel mio stesso partito»

«La mia appartenenza all’area di Matteo Renzi non è un mistero. Le scissioni sono sempre traumatiche, tuttavia sarebbe ancora peggio se il Pd tornasse ad arroccarsi su posizioni di sinistra che oggi non hanno ragione d’essere – racconta il pugliese Federico Lobuono, 19enne multitasking che, tra tante cose, ha fondato Pischelli in Cammino, gruppo di ragazzi da sempre molto vicini alla corrente renziana -. Non voglio assistere al ritorno di gente come Bersani e D’Alema. Io sono nato nel 2000 ed elementi come la falce ed il martello li rispetto, ma non mi appartengono».

«Dubito che la scissione avvenga nell’immediato. Ma arriverà il momento, e potrebbe essere il periodo della Leopolda. Spero comunque che ci sia una separazione, ma ci sono altre priorità. Matteo non farà domani l’annuncio, nonostante tutto quello che gli hanno detto i membri del suo stesso partito. Quando si staccherà, io lo seguirò», conclude Lobuono. Meno drastico, il 18enne Francesco Goracci: milanese d’adozione, ha partecipato alla sua prime Leopolda a 14 anni: «Credevo nel lavoro di Renzi e dei suo ministri».

«Bene dividersi, ma occhio alla frammentazione»

Solo due anni dopo è diventato membro dei Giovani democratici: «Le parole chiave in questo momento storico del Pd saranno “scomposizione e ricomposizione”. Credo che si creerà un’area riformista legata a figure come Renzi, Richetti, Calenda e politici di +Europa. Perché no, anche una parte di Forza Italia. Ma inevitabilmente dovranno continuare a collaborare tutti tra loro, o all’interno di un unico partito, o molto più facilmente all’interno di un’alleanza dei vari partiti».

Il rischio più grande per Goracci è «la frammentazione: non possiamo rischiare di essere condannati all’irrilevanza politica per semplici invidie personali – e conclude -. Dobbiamo sbugiardare quella narrazione che paragona il governo giallorosso a un poltronificio. Servirà tanto coraggio e, se è vero che per fare il governo sono stati necessari dei compromessi con i 5 Stelle, è anche vero che se vogliamo tornare a essere la forza maggioritaria nel paese non possiamo accettare compromessi per le riforme».

«Le correnti sono il male»

Vicina alle idee di Renzi, ma con qualche riserva, Lucia Ori, 18enne iscritta al Comitato di Azione Civile – Ritorno al Futuro di Parma: «La lotta più urgente è portare avanti il progetto europeo. Nell’Unione, siamo tutti più forti. Bisogna combattere affinché tutti capiscano quanto sia essenziale». Ori aspetta la Leopolda per capire in che modo ci sarà la scissione, che «avverrà, ma spero sia una separazione consensuale. Le correnti interne rendono il partito molto fragile, ma di base abbiamo gli stessi ideali e non dobbiamo mai smettere di collaborare».

Anche il 15enne Paolo Federico, romano, iscritto al Pd e al Comitato di Azione Civile – Ritorno al Futuro di Roma, ribadisce che «le correnti sono state il principale male del partito. Negli ultimi anni molti hanno cercato di coltivare solo il proprio orticello, non capendo che il problema non era una persona che aveva vinto due volte le primarie. Il primo dovere in democrazia è non affermare esclusivamente la propria opinione. Anzi, saperla sacrificare, come è successo in questa pazza crisi di governo».

«Non è separazione, ma inclusione»

Per Federico, all’Italia «serve una forza moderata e di centro – e sulla scissione afferma che – non è un’operazione di separazione, ma un’operazione d’inclusione nel fronte anti-Sovranista di forze di centro. Quest’operazione è fondamentale per togliere alla destra i voti del centro». Il 15enne si sente «molto vicino a Renzi: è il primo politico a dimostrare che il bene del paese viene prima della propria coerenza. Prima di qualsiasi cosa – e conclude con una frecciatina -. A Calenda dico: preferisci un governo Salvini-Meloni o Pd-M5s?».

Jacopo Esposito, a soli 16 anni, è coordinatore regionale dei Millennials in Piemonte e coordinatore dei Comitati di Azione Civile di Torino. Per lui, «le correnti, di base, non sono mai state un problema. Anzi, siamo forse l’unico partito che ha un così ampio dialogo interno. E questo fa bene alla democrazia. Poi però le proposte, le critiche, i consigli vanno tradotte in un’unica linea da seguire. E quella si rispetta. In questi anni sono state prese delle decisioni coraggiose. Qualcuno non le ha apprezzate ed è partito quel fuoco amico di cui il 4 marzo abbiamo patito le drammatiche conseguenze».

«Ipocrisia sull’unità»

«Quello che voglio dire è che non si può più pensare di accendere la tv e vedere al mattino un esponente del Pd che dice una cosa e, al pomeriggio, un altro esponente del Pd che ne dice un’altra. Non si può. Intorno alla parola “unità” in questi anni c’è stata molta ipocrisia. Il concetto è semplice, bene il confronto è la pluralità di idee, ma poi bisogna trovare una sintesi – afferma Esposito -. Anche perché ricordiamoci che dall’altra parte abbiamo dei professionisti della comunicazione, che della nostra incapacità comunicativa si nutrono».

E sulla scissione dice: «qualora si arrivasse ad una separazione vuol dire che davvero non ci sono più le condizioni di condividere un percorso. I toni devono restare cordiali, nel rispetto delle tante battaglie fatte insieme e nel rispetto del popolo dem. Detto ciò servono determinazione e coraggio. Sia nel continuare a lottare sotto lo stesso tetto, sia nel costruire una proposta nuova che intercetti quella fetta di elettorato che non si ritrova più nel Pd come oggi lo conosciamo».

«Allearsi con i 5 Stelle a livello locale è un fallimento»

Esposito non vede nella separazione una scelta felice: «Non so come andrà finire, di certo non mi auguro scissioni, non sono mai un momento felice. Detto questo, siamo tutte persone serie, diciamoci le cose come stanno. Matteo Renzi, in un’intervista al Corriere i primi di agosto, chiese una cosa semplice. Chiese di verificare la possibilità di formare un governo con degli obiettivi ben precisi e sostenuto da quei partiti disposti a metterci la faccia. Ora, da questa proposta, obiettivamente plausibile e ben vista da più schieramenti, a quella di diventare lo scendiletto del Movimento 5 Stelle, ce ne passa».

«Chi, come me, combatte sul territorio sa bene quanto scellerata possa essere l’ipotesi di unirsi ai grillini anche a livello regionale. Quelle poche occasioni in cui il M5s ha amministrato città e regioni si sono rivelate un sonoro fallimento. A partire proprio alla mia Torino, dove quotidianamente tocchiamo con mano l’incompetenza totale del Movimento e dei suoi amministratori – e riassume -. Quindi, tornando alla domanda, credo che se l’attuale classe dirigente del Pd deciderà di tradire le battaglie di questi ultimi anni e di conseguenza di tradire parte del suo elettorato, non avrà più nessun senso continuare a combattere insieme».

«Renzi vittima del fuoco amico»

Luca Petruzzella, di Molfetta, ha 17 anni ed è coordinatore regionale dei Millennials pugliesi. «Ho iniziato la mia militanza all’interno del Pd a partire dall’età di 15 anni. Credo fortemente nei valori europeisti del partito. Credo altresì che Matteo Renzi abbia rappresentato e rappresenti l’unico leader nel panorama della Politica attuale ad avere una chiara visione riformista per il Paese. Il solo, in questo momento, a presentare una visione concreta su cosa e come fare per far ripartire questo Paese avendolo già dimostrato».

E sul futuro non si sbilancia: «Una cosa mi è chiara. Non è detto che si debba abitare sotto lo stesso tetto per portare avanti grandi riforme per il bene del Paese. Anche perché la presenza di più correnti all’interno di un partito può coesistere. Ma ciò non significa lavorare in maniera subdola per addossare ogni problema a un compagno di partito – e giustifica i malumori dei renziani – Non vuol dire vivere all’interno del partito con l’interesse a voler attaccare ogni giorno in un’intervista o in un comizio i membri di un altra corrente per meri interessi di rivincita personale».

«Fedeli a Matteo»

Esposito ci tiene a ribadire che non avrà mai rancori nei confronti del Pd, «ma mi sono avvicinato alla politica grazie a Matteo e ho grande stima e rispetto, personale prima che politica, per lui. Penso di dovergli molto. Ha fatto e continua a fare tanto per la mia generazione. È l’unico che ci fa sentire parte di qualcosa. Qualcosa di grande. E a malincuore devo ammettere che il Pd, giorno dopo giorno, lo sento sempre più lontano dai bisogni della mia generazione. Tuttavia la politica è fatta anche e soprattutto di scelte. Scegliere non è mai facile, ma fa parte della crescita. Quindi, se un giorno dovessi scegliere, seguirei Matteo, pur conservando immenso rispetto e immensa stima per tutto il mondo che ruota intorno al Pd».

Alexandra Sitta, 25 anni, è la fondatrice di un Comitato di Azione Civile ed è tesserata al Pd: «Alla Leopolda non so cosa succederà ma se Renzi dovesse fare il suo partito, io lo seguirei. Sono nel Pd solo grazie a lui, per il suo modo di guardare alle nuove generazioni e per le sue indiscusse doti di leader che ha ampiamente dimostrato anche di recente, è infatti stato lui a spingere perché si facesse questa alleanza e non si tornasse al voto a scapito degli Italiani per colpa dei capricci di un leader che vede aumentare il suo partito nei sondaggi – e conclude laconica -. Se esce Matteo, esco anche io».

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