I capi ultrà della Juve arrestati per reati tutti compiuti dentro lo stadio. «Il tifo per loro un pretesto»

«Quella dei Draghi era un’organizzazione di tipo militare» ha detto il procuratore aggiunto di Torino, Patrizia Caputo, con il magistrato Chiara Maina, che ha coordinato l’inchiesta sui gruppi ultrà juventini e gli arresti di 12 capi da parte della Digos.


«Le persone anche più fidate – ha aggiunto il procuratore – venivano allontanate se non rispondevano alle indicazioni del capo indiscusso Dino Mocciola. Queste sono persone che fanno della violenza uno stile di vita. Il tifo è un pretesto. nemmeno la presenza dei bambini li fermava».


«Ci sono persone che si sono viste allontanare, anche con violenza, dal posto allo stadio che avevano pagato – ha detto Caputo – perché infastidivano il gruppo ultrà. I tifosi vittime hanno reso dichiarazioni e ci hanno permesso di elevare imputazioni. Ci sono poi state estorsioni anche ai danni del gestore del bar dello stadio». E poi ha aggiunto: «Gli arrestati sono finiti in manette per reati commessi all’interno dello stadio, ecco una peculiarità di questa indagine».

«La parte offesa è la società Juventus – ha ricordato il procuratore torinese Paolo Borgna – ma più in generale vittime sono i tifosi, vittime di intimidazioni, costretti a non andare più allo stadio perché non riescono più a sopportare le angherie, il clima, slogan razzisti. Offesi da slogan contro ebrei e napoletani, slogan che sono offese a Torino e in Piemonte. Queste cose non rimarranno piu’ senza risposte».

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