Attacco alle raffinerie, l’Arabia Saudita mostra i resti dei missili e accusa: «Abbiamo le prove, è stato l’Iran»

Si tratta di 18 droni e sette missili da crociera «che non possono essere partiti dallo Yemen». Trump e Johnson valutano «una risposta diplomatica unitaria»

Il presidente Usa, Donald Trump, e il primo ministro britannico, Boris Johnson, si sono consultati oggi telefonicamente per valutare una reazione congiunta all’attacco contro le installazioni petrolifere saudite attribuito da Washington e da Riad all’Iran. Lo riferisce Downing Street, precisando che si è parlato di «una risposta diplomatica unitaria». Johnson ieri aveva sentito Mohammed bin Salman, ministro della Difesa saudita, e aveva condannato l’attacco, invocando peraltro genericamente indagini internazionali sulle responsabilità.


La versione dei Sauditi

Il ministero della Difesa saudita ha convocato una conferenza stampa: l’obiettivo era dipanare ogni dubbio sulle responsabilità dell’attacco alle raffinerie di Abqaiq e Khurais del 14 settembre. «Unquestionably sponsored by Iran» è la frase, definitiva, di Turki al-Malki, portavoce del ministro della difesa. «Indiscutibilmente promosso dall’Iran». Le prove di tale accusa sono state mostrate sul palco dove il portavoce, in vesti militari, ha comunicato la notizia ai giornalisti internazionali presenti.


Si tratta di resti e detriti di 18 droni e sette missili da crociera «che non possono essere partiti dallo Yemen». La precisazione è stata fatta poiché, al principio, i ribelli yemeniti Houthi, finanziati dall’Iran, si erano assunti la responsabilità dell’attacco che ha causato la perdita della metà della produzione media di petrolio saudita del 2019. Il portavoce ha ribadito che la base di partenza dell’attacco è in direzione nord rispetto all’Arabia Saudita. In un video, sono state mostrate mappe militari e fotografie dei danni nella raffineria di Abqaiq. Le coordinate precise della base di lancio, ha aggiunto al-Malki, saranno comunicate nei prossimi giorni.

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