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«Che belle gambe, a che ora aprono?» Se anche il messaggio sulla bustina di zucchero può essere sessista

23 Settembre 2019 - 18:35 Redazione
La denuncia arriva dalla pagina Facebook Donna a Sud, che ha condiviso la foto di questo inedito packaging di zucchero e sessismo

Credevamo di essere nel 2019, ma qualcosa ci deve avere confuso. Perché altrimenti è difficile capire come la frase «Che belle gambe… a che ora aprono?» sia finita immortalata in rosso su una bustina di zucchero che circola tra i bar nel 21esimo secolo inoltrato.

La denuncia arriva dalla pagina Facebook Donna a Sud, che ha condiviso la foto di questo inedito packaging di zucchero e sessismo. Accade nel tarantino, si legge nel post, «dove un bar distribuisce ai suoi clienti bustine di zucchero con frasi sessiste. È impossibile risalire all’azienda sponsor quindi per logica si può pensare a bustine appositamente personalizzate per tirare un ‘sorrisino’ al cliente di turno, scusante di un marketing di basso profilo».

https://www.facebook.com/festivalDelleCulturealFemminiledelMediterraneo/photos/pb.245728615790836.-2207520000.1569249001./933912086972482/?type=3&theater

«Non siamo riuscite, per ora, a risalire al distributore ‘misogino’ tale da rendere un dolcificante un amaro in bocca», si legge ancora nel post sulla pagina Facebook del festival che promuove la professionalità delle donne attraverso eventi, progetti, e contaminazioni tra culture. Nei commenti, la richiesta di conoscere il nome del bar dove circola lo zucchero così impacchettato, «così lo boicottiamo».

Non manca chi vede nella frase un’innocua battuta di goliardia, né chi apre al dubbio – ipotesi in verità poco credibili: «Potrebbero riferirsi a un uomo» o liquidando la frase come una «battuta goliardica». «In molti mi chiedono perché non torno in Italia. Ecco la risposta», scrive una donna italiana emigrata all’estero.

«Gaffe, ironia, arretratezza non vanno permesse in nessun caso neanche davanti a un caffè, altrimenti si contribuisce a diffondere pregiudizi sessisti», conclude il post sulla pagina Donne a Sud.

In copertina Donne a Sud/Facebook

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