Greenpeace, inquinamento da plastica usa e getta: «False promesse: perché la carta non è una soluzione» – Il report

L’ultimo studio della ong ambientale mette in evidenza come le soluzioni biodegradabili adottate dalle multinazionali siano inefficaci

Carta e plastiche biodegradabili contro l’inquinamento. No. Da Greenpeace arriva un monito alle grandi multinazionali: le soluzioni biodegradabili non risolvono l’emergenza ambientale così come i nuovi sistemi di riciclo che l’ong considera tutt’altro che efficaci.


È quanto emergente dall’ultimo report, Il Pianeta Usa e Getta. Le false soluzioni delle multinazionali alla crisi dell’inquinamento da plastica, presentato dall’associazione ambientalista.


Se da un lato, afferma la ong, molte multinazionali, tra cui Nestlè, Unilever e PepsiCo, si sono impegnate a rendere i propri imballaggi in plastica riciclabili, riutilizzabili e compostabili, dall’altro continuano ad aumentare la produzione di prodotti confezionati in plastica monouso o in altri materiali usa e getta.

Non riducendo a monte la produzione di packaging usa e getta, consentiranno di perpetuare un modello di business e di consumo insostenibile per l’ambiente.

Plastica biodegradabile

Un problema, quello della plastica monouso, che è stato affrontato recentemente anche dall’Unione Europea che a maggio ha dato il via libera definitivo alla direttiva che vieta dal 2021 l’uso di oggetti usa e getta, come posate, piatte e cannucce.

Molte aziende hanno investito in plastiche biodegradabili per i loro imballaggi, ma le tecnologie tutt’ora disponibili, fa notare il report, non consentono di produrre packaging interamente rinnovabile.

Inoltre, la maggioranza della plastica a base biologica pro viene da colture agricole che vanno a modificare la composizione del suolo aumentando l’emissione di sostanze inquinanti provenienti dall’agricoltura. Una pratica che costituisce una delle principali cause della deforestazione e distruzione degli habitat naturali.

Carta? La “non” soluzione

E se la plastica va messa da parte c’è chi ripiega sulla carta. Ma anche in questo caso i problemi sono molti. Aziende come McDondald’s e Nestlé hanno avviato un processo di sostituzione di prodotti di plastica con la carta.

Ma, se da una parte la carta viene percepita come un materiale riciclabile e quindi più sostenibile, dall’altra si tratta di una soluzione che Greenpece definisce «altrettanto problematica».

Un eccessivo uso di carta aumenta lo sfruttamento di foreste e lo sconvolgimento di habitat ed ecosistemi ad elevata biodiversità . Un aumento delle richieste di carta, aumenta anche i rischi per il cambiamento climatico.

Fonti fossili: gli investimenti nella plastica che danneggiano l’ambiente

Sempre più aziende stanno reindirizzando i loro investimenti nella produzione di plastica che, secondo il report, porterà a un aumento della produzione mondiale di plastica del 40 per cento nei prossimi dieci anni.

Tuttavia, l’iniziativa individuale ha portato molte persone a ricorrere a soluzioni evitate dalle grandi aziende, rifiutando la plastica usa e getta in favore di prodotti a imballaggi sfusi o all’impiego di contenitori riutilizzabili.

Ma, per spingere le grandi multinazionali a intervenire sul problema dell’inquinamento da plastica, Greenpeace ha da tempo lanciato una petizione, sottoscritta da più di quattro milioni di persone in tutto il mondo, con cui chiede ai grandi marchi come Nestlé, Unilever, Coca-Cola, PepsiCo, Ferrero e San Benedetto e Danone di ridurre la produzione, investendo in sistemi di consegna alternativi che non prevedano il ricorso a contenitori e imballaggi in plastica e altri materiali monouso.

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