Passato, presente e futuro del cinecomic italiano: quando i fumetti sbarcano al cinema

Riuscirà a sfondare anche in Italia il filone che ha ad Hollywood nel filone “supereroistico” il suo punto di forza?

Una vera tradizione di cinecomic, in Italia, non c’è mai stata. E ancora oggi, fatica ad esserci. Nel corso degli ultimi dieci anni, ci sono stati diversi esperimenti. Nel 2011, Gipi diresse il suo primo film, L’ultimo terrestre, basato sul fumetto di Giacomo Monti Nessuno mi farà del male.


Più recentemente, La profezia dell’armadillo di Zerocalcare è diventata un film diretto da Emanuele Scaringi. E Igort si è cimentato nell’adattamento cinematografico del suo 5 è il numero perfetto, scegliendo Toni Servillo come protagonista, e creando una Napoli diversa per la sua ambientazione; l’ha presentato alle Giornate degli autori dell’ultima Mostra di Venezia, ed è arrivato al cinema a fine agosto.


È interessante, però, come sempre più fumetti ultimamente stiano diventando materiale per il grande schermo. Anche Diabolik diventerà un film, e lo dirigeranno i Manetti Bros. e Luca Marinelli sarà il protagonista. Forse ci è voluto tempo prima che i fumetti diventassero così interessanti per il mercato audiovisivo, perché fino a pochi anni fa non solo le sale non erano in una crisi profonda come quella di oggi, ma anche perché il mercato dell’editoria, quello delle librerie, non aveva mostrato segni così evidenti nella crescita delle vendite di fumetti.

Gabriele Spinelli e Roberto Herlitzka ne “L’ultimo terrestre” di Gipi

E pensare che l’Italia, più e meglio di altri paesi, ha una storia fumettistica importante, fatta di grandi personaggi e di grandi autori, in teoria pronta per essere raccontata in altri linguaggi.

La Sergio Bonelli Editore, per esempio, ha annunciato solo un anno fa le sue intenzioni di impegnarsi anche nella produzione di titoli, serie e film, basati sui suoi fumetti. Al momento, è in lavorazione il primo film di Dampyr, e Dylan Dog, presto, dovrebbe diventare una serie.

Di nessuno dei due progetti ci sono dettagli; ma è, lo ripetiamo, interessante. Quantomeno, e per adesso, a livello puramente teorico. Perché c’è un’apertura a scenari variegati e molto, molto diversi.

Toni Servillo in “5 è il numero perfetto”

Il linguaggio fumettistico, specie in Italia, non si è mai specializzato – com’è successo, invece, negli Stati Uniti d’America – nel racconto di supereroi; c’è sempre stato un approccio particolare ai personaggi e alle storie, rimanendo molto vicini al racconto di genere (noir, horror, western). Il che, per le finanze e per lo stato di salute del cinema italiano (e anche, via, della televisione), è un bene. Perché non servono molti soldi.

Ovviamente, certo, ci sono delle eccezioni. E anche qui in Italia potrebbe svilupparsi un filone più “supereroistico”. Ma non è questo il punto. Il punto è, al contrario, capire se anche per noi è arrivato finalmente il momento di investire di più, e più seriamente, nei cinecomic, nei film ispirati, basati o costruiti attorno ai fumetti.

E poco importa, come dice qualcuno, che si tratti di serie, o di storie autoconclusive (graphic novel). Importa semmai quanto questa nuova venatura di racconti, questa nuova miniera di spunti, possa aiutare l’industria – le industrie, anzi, parlando e pensando anche a quella dell’editoria – a svilupparsi.

Diabolik

Per ora, gli incassi che hanno raccolto queste pellicole, specie a fronte della spesa iniziale, non sono stati particolarmente incoraggianti; e non possono essere considerati come uno dei motivi per cui, nel caso, si continuerà a spendere nell’adattamento di fumetti al cinema.

È anche vero, poi, che un fumetto molto spesso viene opzionato per una caratteristica e un motivo specifici (piace a un produttore; un regista ci vede qualcosa di interessante), e non per un reale interesse nel creare un nuovo spazio produttivo nel cinema italiano.

Anche dal punto di vista comunicativo, questi film, questi cinecomic, si affidano troppo al nome dell’autore o al nome del fumetto, mancando totalmente nel creare un contatto con il pubblico più ampio (che, banalmente, è quello pronto a spendere soldi per comprare un biglietto).

Simone Liberati e Pietro Castellitto ne “La profezia dell’armadillo

I progetti di cui si vocifera sono tanti. Ci sono notizie che parlano anche di un prossimo film ispirato a La terra dei figli di Gipi, con Claudio Cupellini alla regia, prodotto dalla Indigo di Nicola Giuliano e dalla Fandango di Domenico Procacci. Qualche giorno fa, in un pizzino su un sito specializzato in casting, sono stati anche rivelati gli attori: Valerio Mastandrea, Valeria Golino, Paolo Pierobon e Leon de la Vallée. Le riprese, diceva la stessa fonte, inizieranno a breve. E chi lo sa, poi, che cosa ne sarà.

Il tavolo di prova, quello più importante, sarà Diabolik: potrebbe essere un modo per espandersi anche all’estero, e potrebbe essere, visto il fumetto da cui è tratto, il primo di una serie di film. Bisogna vedere; bisogna capire.

Ma l’Italia, ora, è davanti a un bivio: continuare a credere nei cinecomic, oppure no; provare a specializzarsi, a dare una visione di insieme a universi narrativi, per portare (o riportare, perché no) un certo tipo di pubblico al cinema, oppure no. Siamo agli inizi; siamo agli albori di qualcosa di nuovo, di cui, per ora, è difficile vedere un futuro.

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