Orfini: «Così il Pd finisce in un burrone, col M5s alleanza sbagliata»

Il deputato Pd si toglie qualche sassolino dalla scarpa: «Essere remissivi col Movimento è una linea sbagliatissima, che rischia di portarci a una sconfitta rovinosa»

Matteo Orfini, deputato del Pd, digerisce sempre meno la convivenza con gli alleati del Movimento 5 Stelle. In un lungo post su Facebook, l’ex presidente del Partito Democratico ha attaccato l’eccessiva «remissività» dei suoi compagni di partito: «Tra ieri e oggi i due principali leader del Pd, Zingaretti e Franceschini, hanno ribadito che la prospettiva strategica del nostro partito è un accordo coi 5 stelle, nuovo perno di un centrosinistra riformistai», ha scritto. «Ovviamente questo accordo ha dei corollari: non possiamo mettere in discussione le leggi approvate da loro con Salvini».


«Non dobbiamo fare proposte troppo forti al governo, sennò lo mandiamo in tensione», continua. «Non dobbiamo lamentarci di scelte populiste e antipolitiche come il taglio dei parlamentari, anzi dobbiamo fingere sia la nostra linea da sempre».


«La dico semplice: a me pare una linea sbagliatissima – ha scritto ancora Orfini – Che ha un unico obiettivo, non perdere, ma che essendo totalmente priva di una visione politica rischia di portarci a una sconfitta rovinosa. Abbiamo fatto un governo insieme per fronteggiare una emergenza. Ma nulla è cambiato o sta cambiando nei nostri alleati da giustificare una improvvisa trasformazione da accordo emergenziale ad alleanza stabile».

Orfini ha anche fatto il nome di alcuni soggetti politici grillini, come la sindaca di Roma Virginia Raggi, la sindaca di Torino Chiara Appendino e l’ex sindaco di Livorno Filippo Nogarin. Tutti e tre, secondo lui, «dovrebbero passare decenni a prendere lezioni di buona amministrazione da De Luca e Bonaccini».

Il Pd ha «ammainato le sue bandiere»

A qualche giorno dalla riforma sul taglio dei parlamentari, Orfini sembra volersi togliere qualche vecchio sassolino dalla scarpa. «Oggi come ieri si scagliano contro la democrazia rappresentativa. Oggi come ieri considerano il garantismo una bestemmia. Oggi come ieri sull’immigrazione e sulla sicurezza usano le stesse parole di Salvini. Non è per abbassare il capo di fronte a tutto questo che fondammo il Pd. Non è questo il riformismo radicale che servirebbe al paese».

«Abbiamo già ammainato le nostre bandiere: lo ius culturae non si fa» – ha scritto (che per Di Maio «non è una priorità» – I decreti sicurezza non si toccano (e piantiamola di dire che basta recepire gli appunti del Colle. E questa nostra remissività, questa pavidità sta indebolendo un governo già fragile».

«Così il governo appare semplicemente figlio di una operazione di potere fine a se stessa», dice, citando una delle maggiori accuse di Matteo Salvini e del centrodestra in generale.« Credo di non essere il solo nel Pd a pensarla così. Nel mio piccolo cercherò di far cambiare idea a chi ci sta portando verso un burrone. Dateci una mano».

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