Amazzonia, Greenpeace: «Persa un’area grande come 1,4 milioni di campi di calcio»

«La politica di Bolsonaro sta annientando la capacità del Brasile di combattere la deforestazione, favorendo chi commette crimini ambientali e incoraggiando le violenze verso popoli indigeni e comunità forestali tradizionali», dice la Onlus

La deforestazione nell’Amazzonia brasiliana ha raggiunto tra agosto 2018 e luglio 2019 il tasso più alto registrato dal 2008. A comunicarlo, con una nota, è Greenpeace: 9.762 chilometri quadri, secondo i dati del programma di monitoraggio satellitare della foresta amazzonica brasiliana (Prodes) dell’istituto brasiliano di ricerche spaziali (Inpe).


Nei primi tre mesi del monitoraggio – agosto-ottobre di quest’anno – è aumentata del 100% l’area interessata da allarmi di deforestazione rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, spiega un indice elaborato dall’Inpe.


«La politica del presidente Jair Bolsonaro sta annientando la capacità del Brasile di combattere la deforestazione, favorendo chi commette crimini ambientali e incoraggiando le violenze verso popoli indigeni e comunità forestali tradizionali», dice Martina Borghi, responsabile della campagna foreste di Greenpeace Italia.

«Agire per porre fine alla deforestazione – dell’Amazzonia e di tutte le foreste del pianeta – deve essere un obiettivo globale della comunità internazionale». Il governo brasiliano «deve proteggere la foresta e i suoi abitanti, mentre governi nazionali e Ue devono impegnarsi concretamente e proporre una legislazione in grado di garantire che il cibo che mangiamo e i prodotti che utilizziamo non vengano prodotti a scapito dei diritti umani e delle foreste del pianeta».

Il ruolo dell’Unione europea

L’Unione Europea, ricorda ancora Greenpeace, durante l’ultimo G7, «ha dichiarato di voler difendere l’Amazzonia stanziando fondi contro gli incendi ma, al tempo stesso, ha elaborato, a fine luglio, un piano d’azione contro la deforestazione che non affronta i costi ambientali e umani delle politiche commerciali e agricole dell’Ue, continuando a permettere a una manciata di multinazionali di accedere a nuovi mercati a scapito della necessità di valutare il costo ecologico, climatico e umano degli accordi commerciali in cui l’Ue è coinvolta».

L’accordo di libero scambio l’Ue e i Paesi del Mercosur, che coinvolge il Brasile e altri tre stati del Sud America (Argentina, Paraguay e Uruguay), almeno così com’è, «aumenterà le importazioni di materie prime agricole in Europa (a cominciare da carne e soia), con conseguenze devastanti per il clima, le foreste e i diritti umani, sacrificati ancora una volta sull’altare del profitto», conclude Borghi.

Greenpeace chiede che l’Accordo UE-Mercosur sia sospeso «finché le foreste non saranno adeguatamente protette, e che comprenda misure efficaci per rispettare l’Accordo di Parigi sul clima, la Convenzione sulla diversità biologica e gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu. La distruzione delle foreste è una delle principali cause del cambiamento climatico e della massiccia estinzione delle specie a cui stiamo assistendo», dice l’ong.

In copertina la veduta aerea di un’ampia area bruciata a Candeiras do Jamari nello stato di Rondônia. Victor Moriyama / Greenpeace

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